Il settore delle costruzioni ostaggio delle ditte di Costanzo
Biagio Bisignani. La firma del dirigente comunale, quando si parla di urbanistica, costruzioni e riqualificazione è sempre sotto l'occhio del ciclone. Dalla demolizione dell'ex Palazzo delle Poste all'ex cementificio di via Domenico Tempio fino alla questione della svendita del rione popolare San Berillo. La questione ruota attorno alla convenzione siglata dal Comune di Catania con la ditta Cogip di Domenico Mimmo Costanzo, il patron delle costruzioni in Sicilia: dall'anello ferroviario di Palermo fino alla metropolitana di Catania. La convenzione prevede la realizzazione dei lavori di demolizione e ricostruzione e/o ristrutturazione dell'immobile di proprietà del Comune di Catania, costituito dall'intero palazzetto da terra a cielo, censito in catasto al foglio 69 particella 7799 subalterni 1, 2, e 3 di via Caramba.
Pare, però - ed è questa la posizione di chi, come il Movimento cinque stelle, ha acceso i riflettori sulla questione - che nel piano dei beni comunali da dismettere ce ne sia uno nella stessa via. Uno che dovrebbe essere dato in vendita. Secondo i cinque stelle, infatti, il bene oggetto della convenzione e quello presente nel piano delle dimissioni potrebbero essere lo stesso. «Se fosse lo stesso edificio, il privato farebbe un grande affare», è l'affondo dei consiglieri comunali Grazano Bonaccorso e Giatina Ciancio. Perché da una parte risparmierebbe i soldi dell'acquisto del bene pari a 175 milioni di euro e dall'altra risparmierebbe i soldi della ristrutturazione dell'edificio che rimarrebbe a carico del Comune.
Le società di Costanzo
La proprietà di Cogip Holding è al cento per cento di Costanzo, ma ne è titolare attraverso due posizioni societarie diverse: da una parte in prima persona detiene il 3,77 per cento, il residuo 96,23 per cento è controllato da Horizon srl, di cui Costanzo è proprietario al cento per cento. In sostanza Cogip è una delle tante società di Costanzo. Che, parallelamente, ricopre la carica di presidente del consiglio di amministrazione in Uniter International consorzio stabile, la società consortile a responsabilità limitata la cui proprietà si divide tra sei società. Tra queste c'è anche la Tecnis spa - di cui Cogip detiene il 50 per cento delle quote -, che è società capogruppo e controlla il 50 per cento del consorzio.
Il management di Tecnis con sede a Tremestieri Etneo, in provincia di Catania che si occupa di costruzioni, perlopiù appalti pubblici era nelle mani di Mimmo Costanzo e Concetto Albino Bosco, almeno fino al 2021, quando i due imprenditori sono stati condannati attraverso il rito del patteggiamento rispettivamente a quattro e tre anni per bancarotta fraudolenta. Un processo frutto dell'operazione Arcot che nel 2020 portò al sequestro di circa 94 milioni di euro. Quattro anni prima, sono in corso i lavori per la realizzazione dell'anello ferroviario a Palermo. Un altro appalto pubblico aggiudicato a Tecnis. Il colosso catanese costruisce, si aggiudica appalti e riesce ad accaparrarsi i lavori pubblici di mezza Sicilia. Non senza complicazioni, però. Infatti, anche nel corso del cantiere nel capoluogo, a febbraio 2016 Tecnis è stata destinataria di un altro sequestro di quote e azioni per oltre un miliardo e mezzo di euro.
La nota stampa dell'M5s
«La notizia della Convenzione tra il comune e la società di Costanzo per la messa in sicurezza di un immobile pubblico in via Caramba, nel quartiere di San Berillo, lascia non pochi dubbi se letta congiuntamente al piano delle dismissioni, trasmesso pochi giorni fa al Consiglio comunale. All'interno dell'elenco degli immobili che il comune intende vendere, infatti, ce n'è uno proprio in via Caramba. Caso vuole - sostengono i cinquestelle - che in entrambi gli atti, lo schema di Convenzione proposto dal direttore Bisignani e il Piano delle alienazioni, non venga indicato il numero civico. Se fosse messo in vendita, infatti, risparmierebbe sulle spese per il permesso di costruire, circa 178mila euro e usufruirebbe della progettazione esecutiva per le spese di ristrutturazione, a carico del Comune».
«Eppure all'articolo 7 della convenzione il direttore all'urbanistica specifica che il fine ultimo della convenzione è adibire l'immobile a uffici comunali - continua la nota - Mentre l'immobile del privato subirà interventi di demolizione e ricostruzione con variazione di sagoma e parziale cambio di destinazione d’uso (in pieno centro storico?). Per quale motivo, allora, inserire questo bene pubblico tra i beni alienabili?».
Insomma, i cinquestelle ci vedono del marcio. «Ci auguriamo che si tratti di due immobili diversi - dicono i consiglieri del M5S Bonaccorsi e Ciancio -. Non essendo indicato il numero civico non possiamo dire con certezza che siano la stessa cosa, ma speriamo di essere smentiti e in ogni caso presenteremo formale accesso agli atti e interrogazione. Il famoso Urban Center evocato in più occasioni dall'amministrazione, infatti, potrebbe trovare la sua naturale collocazione lì, dato che l'immobile individuato a tale scopo sul Piano Pnrr a oggi sembrerebbe essere di un privato e quindi necessiterebbe di un esproprio. L'ingegnere Bisignani ha parlato in commissione di ‘piccoli germogli’ di riqualificazione. Noi temiamo invece che questa operazione si trasformi nell'ennesimo, amaro frutto della speculazione edilizia», concludono i consiglieri.