I mezzi fantasma di Lesv e i debiti registrati come ricavi
Nelle oltre novanta pagine della citazione a giudizio effettuata dalla curatela di Mosema, la ditta che fino al 2020 (data del suo fallimento) si occupava della raccolta dei rifiuti di molti comuni alle pendici dell'Etna, la mala gestio contestata dalla curatela agli enti si concretizzerebbe anche in due particolari «anomalie contabili». Si tratta della mancata svalutazione del credito nei confronti di Lesv, la ditta da cui Mosema nel 2006 aveva acquistato automezzi per un importo di circa cinque milioni di euro, e dello stralcio del debito nei confronti di Cassa depositi e prestiti. Nel mirino di chi difende gli interessi della ditta c'è il Comune di Mascalucia, socio di maggioranza della società che nel 2017 avvia il procedimento per diventare totalmente pubblica. «Mosema - si legge nella citazione a giudizio proposta davanti la quarta sezione civile del tribunale di Catania - avrebbe operato negli ultimi anni in assenza di contratti a lungo termine ed esclusivamente con proroghe tecniche, nell’attesa di formalizzare i relativi contratti di servizio di durata non inferiore ai sette anni, al fine di addivenire a una completa gestione in house providing». Ovvero la trasformazione da società a prevalente partecipazione pubblica a società a integrale partecipazione pubblica. Una circostanza che, secondo i curatori, avrebbe costituito l'inizio del declino dell'azienda dal 2017 (anno in cui l'amministrazione guidata da Giovanni Leonardi avvia l'iter per la trasformazione) fino a marzo 2019, quando il Consiglio comunale si rende conto che «la realtà contabile dell'ente non permette l'approvazione dell'affidamento del servizio in house» e rigetta la proposta presentata dal dirigente Uccio Gibilisco.
La mancata svalutazione del credito con Lesv
È il 2006 quando l'ex amministratore di Mosema Salvatore Giuffrida decide di acquistare dalla Light Electric Service Vehicle srl (Lesv) automezzi di servizio per un valore di oltre cinque milioni di euro. Soldi che avrebbero dovuto essere corrisposti attingendo dai contributi pubblici. Secondo la curatela, ma prima ancora secondo i giudici che hanno condannato l'ex amministratore, Giuffrida avrebbe instaurato con Lesv (adesso fallita) un accordo fraudolento consistente nell'emissione di fatture d'acquisto, poi stornate, che avrebbero permesso a Mosema di beneficiare dei fondi pubblici (tra cui i contributi di Cassa depositi e prestiti, nda) per poi girarli a Lesv. Senza, però, che Mosema ottenesse un solo veicolo. Così nel 2006 a Cdp vengono chiesti un milione e 600mila euro, ma due anni dopo Mosema comunica di non avere ricevuto nemmeno un mezzo e richiede una «congrua» dilazione per la restituzione delle somme. Passano dieci mesi e Cdp richiede indietro le somme erogate con gli interessi, ma la ditta chiede di procedere a rateazione. I rapporti tra Mosema e l'ente si arrestano e comincia la battaglia giudiziaria.
A giugno 2011 Lesv viene condannata a restituire alla ditta dei rifiuti quasi un milione e 500mila euro. Quattro anni più tardi a essere condannato è anche Giuffrida che deve corrispondere la somma di tre milioni e mezzo di euro, di cui circa due milioni come risarcimento del danno subito da Mosema in conseguenza del debito restitutorio nei confronti di Cassa depositi e prestiti. La sentenza di condanna stabilisce che, in realtà, è anche Lesv a essere debitrice della ditta dei rifiuti per un importo che, dopo compensazioni giudiziali, supera un milione di euro. Cifra, questa, che il Comune di Mascalucia avrebbe contabilizzato come credito - sin dal bilancio 2013 e negli esercizi successivi -, sebbene non lo fosse. Perché, sottolinea la curatela, «dal 2014 la debitrice non risultava più nel registro delle imprese e il credito non è mai stato azionato dal 2011». Ovvero non è mai stato fatto valere. Il Comune si sarebbe limitato a creare un fondo rischi di poco più di 800mila euro come garanzia in caso di mancata riscossione, senza che fossero mai state effettuate non solo le verifiche sulla sussistenza del credito, ma anche sulla solvibilità dell'azienda. Tutti elementi che fanno sì che un credito diventi un debito fuori bilancio.
Lo stralcio del debito con Cassa depositi e prestiti
Alla mancata svalutazione del credito con Lesv si aggiunge parallelamente lo stralcio del 50 per cento del debito di oltre due milioni di euro maturato con Cassa depositi e prestiti proprio per l'acquisto degli automezzi. Così come quello eseguito per altre due linee di finanziamento: una attivata nel 2006 pari a circa 920mila euro e l'altra nel 2009, quando Cdp concede un ulteriore contributo di 380mila euro per l'acquisto di ulteriori 15 mezzi di servizio. Debiti, questi, che il Comune avrebbe prima stralciato alla metà e poi contabilizzato «in spregio a tutti i principi contabili», è la posizione della curatela. Nel primo caso il debito sarebbe stato contabilizzato come contributo a fondo perduto; nel secondo, invece, dalla ditta viene chiesta un'altra modalità di restituzione del denaro perché dei 15 mezzi solo sette sarebbero stati davvero consegnati.