Il Pezzo Etneo

La faida nel centrodestra, dal Consiglio comunale a Unict fino alla spaccatura in Fi
La strana famiglia Trantino e il divoratore Galvagno: anche del Partito democratico
Gabriele patti,  21 Settembre 2023
La faida tra gli azzurri e il dialogo con il presidente dell'Ars, i rapporti con l'Mpa e con il Pd, le elezioni universitarie e quei conflitti di interesse che per legge non costituiscono incompatibilità, ma ci sarebbe da riflettere sull'opportunità politica. Ecco attorno a cosa orbita l'universo di Gaetano Galvagno

«Due topolini caddero in un secchio pieno di panna. Il primo topolino si arrese subito e annegò, il secondo topolino non voleva mollare, si sforzò a tal punto che alla fine trasformò quella panna in burro, e riuscì a saltar fuori: signori da questo momento io sono quel secondo topolino». Parola di Frank Abbagnale Senior interpretato da Christopher Walken in Prova a Prendermi, film diretto da Steven Spielberg. Un titolo che è anche una provocazione e che si addice perfettamente alla politica provinciale e regionale. Dove quello da provare a prendere è Gaetano Galvagno. In quella faida politica tutta interna al centrodestra e a Fratelli d'Italia, ma che coinvolge anche altri partiti. Alcuni complici, altri vittime. Il primo topolino, quello che non si è ancora arreso ma è con le spalle al muro, è il senatore Salvo Pogliese. Il secondo è il presidente dell'Ars.

«Signori, da questo momento in poi sono io il secondo topolino». Pare proprio sentirglielo dire. Il nuovo, ormai neanche tanto, che avanza. Spedito. Dritto per la sua strada e senza guardare in faccia a nessuno. È «troppo bravo, troppo intelligente», dicono in Fratelli d'Italia. Lo dicono in Forza Italia e anche nella Lega. Così il predestinato alla guida della presidenza della Regione vuole conquistare tutta la Sicilia. Prima l'Ars, poi il Consiglio comunale di Catania, adesso l'università e poi l'Europa. Nemmeno fosse Mussolini, verrebbe da dire. Ma così pare essere. E così politici e politicanti si muovono, si agitano e si arrovellano. «Non si può fermare», è il leit motiv. «Prima deve eliminare (politicamente, si intende nda) Pogliese. Fatto questo, il prossimo passo sarà appropriarsi di sanità e agricoltura e colpire Sammartino», dicono nei salotti della politica. Si parla di numeri, non di nomine.

Proprio il vicepresidente del governo Schifani sarebbe già entrato nel mirino del pupillo di Ignazio La Russa. Ma l'obiettivo più vicino è, appunto, l'ex primo cittadino. Che, secondo i bene informati, sarebbe «in fin di vita». A nulla sarebbe servita la nomina di Fabio Fatuzzo come commissario unico alla depurazione. Fidatissimo di Pogliese, la sua nomina avrebbe fatto adirare più di qualcuno. E così, quella guerra tra Lombardo e Pogliese - cominciata quando il commissario straordinario al Comune di Catania Federico Portoghese provò a colpire Pubbliservizi, la creatura di mister Raffaele, maestro e allenatore del golden boy Galvagno -, continua. E nella faida entra a gamba tesa proprio il presidente del parlamento siciliano. Che si rotola, si srotola e si arrotola. Ma con semplicità. Prende e va. Fa quadrato, colpisce ed esulta.

L'Mpa, Galvagno e quel rapporto di amore e odio

In politica, si sa: le amicizie restano, gli accordi passano e gli asset cambiano. Quella vicinanza di Galvagno a Lombardo pare non esserci più, anche se mister Raffaele resta sempre il padrino politico del più giovane presidente dell'Ars. Anche a Lombardo, e questo non è un mistero, Sammartino non sta proprio inviso. Ma pare che tra i due, chi comanda dentro e fuori dai palazzi e il nuovo che avanza, non tiri più una buona aria. Svanita, almeno apparentemente, quell'unione di intenti che ruotava tutta attorno alla logica del "se sei nemico del mio nemico, sei mio amico", con chi legherà adesso l'area Galvagno? La risposta si ha se si guarda ai movimenti in Consiglio comunale e agli accordi in essere per le elezioni universitarie. Per il momento l'affaire aeroporto lasciamolo stare. «Ne parliamo dopo», direbbe Paola Cortellesi scimmiottando Daria Bignardi.

Il post-Miccichè in Forza Italia: accordi, alleanze, divisioni e il nuovo Miccichè

C'era una volta Gianfranco Miccichè e Forza Italia si divideva tra la corrente dell'allora presidente dell'Ars e quella dell'attuale assessore regionale all'Economia Marco Falcone. Poi la debacle del presidente, prima con il siparietto tra i due andato in scena all'hotel Le Dune dopo le regionali: «Te ne devi andare», tuonò Falcone, con Gianfrancone che stava davvero per andare via, prima del provvidenziale intervento di Galvagno; poi la cacciata di Migliorisi per aver acquistato cocaina: quel grimaldello con cui l'uomo fidatissimo di Miccichè, dopo una breve parentesi come capo di Gabinetto del più giovane presidente dell'Assemblea regionale siciliana alla modica cifra di ottomila euro al mese, è stato fatto fuori.

Così l'eccentrico Miccichè ha tolto il disturbo e Forza Italia è unita. Unita, si fa per dire. Perché, nel frattempo il leader maximo, Sir Silvio Berlusconi non c'è più. E negli azzurri qualcuno sembra aver invertito il senso dell'inno voluto proprio dal Cavaliere: «Menomale che Silvio non c'è». E ognuno fa un po' il cappero che gli pare. Da una parte la corrente Falcone e dall'altra quella di Nicola D'Agostino. Spazio per il nuovo, dunque.

E all'Università?

Il nuovo Miccichè avanza senza tregua. Una corsa che non vuole fermarsi. Non si arresta. Così anche all'Università, in occasione delle prossime elezioni di Ateneo, ci si rotola e ci si srotola. E gli accordi non finiscono mai. Si parte proprio da D'Agostino. Perché va bene che il primo obiettivo è Pogliese, ma in politica come nel marketing bisogna agire a raggiera o a ombrello: cioè su tutti i fronti contemporaneamente. D'Agostino è un ostacolo alla strategia imperialista del presidente: bisogna porre un freno. Archè sos studenti, associazione studentesca prima vicina all'onorevole D'Agostino, si è disgregata. Tra i corridoi accademici si dice che gran parte dell'associazione serbatoio di Forza Italia, in particolare quella facente capo al presidente Antonio Fusco, sia transitata in We Love Unict, gruppo studentesco riferimento proprio di Galvagno.

Si tratterebbe di una manovra calcolata già alle Comunali: nel caso in questione per la corsa alla terza municipalità. Quando a sfidarsi per la poltrona da consigliere nella stessa lista, quella di Fratelli d'Italia, erano Luca Fusco e Lorenzo Leotta. Il primo padre di Antonio, il secondo candidato del giovane consigliere comunale Giovanni Magni, presidente dell'associazione universitaria Crediamoci e pupillo di Galvagno. Leotta vince a mani basse e così tocca ricompensare la famiglia Fusco. Come? Con le elezioni universitarie. E cosa concederà l'imperatore Galvagno ad Antonio Fusco che lo omaggia con un bel bacino di voti? Forse un organo superiore o, forse, altri servigi. Si vedrà.

Nel frattempo è tempo di accordi trasversali con il Partito democratico

Che i rapporti tra Lombardo e Galvagno non siano più rosei come un tempo lo dimostrano anche le recenti relazioni con il Partito democratico. Partendo proprio dall'Università. Dove, al di là della questione Forza Italia, sugli organi di ateneo (Consiglio di amministrazione, Ersu e Senato), il presidente dell'Ars starebbe concludendo un accordo trasversale con i dem, rappresentati all'Università dalla coalizione composta dalle associazioni Finestra e Nike. Proprio quest'ultima è presieduta dal consigliere comunale del Pd Damien Bonaccorsi. Che, parallelamente, avrebbe fatto un affronto al deputato regionale all'Ars Giuseppe Lombardo, trainando con sé l'ex segretario autonomista Piersalvo Catania. E ora, Bonaccorsi, dialoga con il presidente dell'Ars per la spartizione delle poltrone accademiche.

Intanto a Palazzo degli Elefanti...

In senato cittadino il pluripremiato vicepresidente del Consiglio Riccardo Pellegrino - con un fratello mafioso e insieme al padre con un procedimento a carico per corruzione elettorale semplice per le Regionali del 2017 - reduce da una campagna elettorale in solitaria è ormai vicino ad Antonio Villardita, uomo di Falcone sconfitto nell'ultima corsa alla conquista di una poltrona da consigliere comunale. L'assessore all'Ecologia Salvo Tomarchio, sempre in quota Forza Italia, invece, predilige Nicola D'Agostino. Quest'ultimo è lo sponsor politico anche dell'ad di Sac Nico Torrisi. Fin qui tutto normale, se non fosse che già questo costituisce un indizio per affermare che l'affaire aeroporto e le dimissioni di Torrisi, richieste a gran voce dalla società civile, tutto sono tranne che pensare ai problemi dei passeggeri. Ma ne parliamo dopo. Nel frattempo pare che Falcone, in particolare la componente giovanile degli azzurri, dialoghi con l'area Galvagno.

E Trantino? Il sindaco del domani, delle bottigliette d'acqua, dei gruppi di cittadinanza attiva e di piazza Mazzini? Ex legale di Pogliese, voluto da Ignazio La Russa, Tremotino fa quadrato. Come Galvagno, stessa tattica. Rotola, si srotola e si arrotola: da una parte è sindaco della città, dall'altra difende Eugenio Pedullà nell'inchiesta sulla sanità etnea. Quella che ha coinvolto l'Ordine dei medici di Catania e disposto gli arresti domiciliari per l'ex assessore alla mobilità Pippo Arcidiacono. Comunque sempre un fiore, c'è da dire, l'assessore che ha in sostanza vietato il transito ai velocipedi in via Etnea, a vederlo all'udienza preliminare dinnanzi al giudice Carlo Cannella.

La stessa inchiesta in cui Pedullà, difeso dal sindaco della città, è accusato - in concorso con Ezio Campagna, Gesualdo Missale e Nello Ferlito - del reato di turbata libertà del procedimento nella scelta del contraente, perché avrebbe fatto da istigatore per beneficiare di un incarico da cinquemila euro. E Trantino, per legge, lo può fare. Ma guai a sollevare la questione di opportunità politica nell'essere contemporaneamente primo cittadino da una parte e parte attiva di un processo che, a prescindere dagli esiti, vede alla sbarra gran parte della classe dirigente della città.

E che facciamo con la grande famiglia dello studio Trantino?

E la grande famiglia dello studio Trantino? Che facciamo, non si preserva? Così arriva la nomina da Albo d'oro del cugino Ivan, candidato proprio nella lista del sindaco, ma non eletto. Che facciamo, quindi? Nominiamolo consulente della città metropolitana a titolo gratuito. La città, incredula, si lagna tra chi dice che non è competente e chi lo snobba per la sua carriera da avvocato, non proprio eccelsa secondo alcuni. E le trombe del vittimismo cominciano a suonare: «È un incarico gratuito, smettetela di ciarlare: è un professionista il povero Albo», è il senso dei tanti post sui social.

I vittimisti di professione, però, dimenticano che un incarico non è mai gratuito: fosse solo per l'onore di ricoprire un ruolo all'interno di un'istituzione qual è il Comune di Catania. Senza considerare i magheggi a cui siamo abituati in questa città. Su questo però siamo sicuri che il sindaco del domani e i dirigenti del Comune operino nel pieno rispetto della legalità. Ma Albo al Comune non basta.

Nella città degli avvocati, i partner dello studio Trantino non possono rimanere a mani vuote. E così Ruggero Razza, ormai ex delfino di Nello Musumeci e tra i big dello studio guidato dall'ex ministro di Grazia e giustizia Enzo Trantino - a cui rivolgiamo i più cari auguri di buon compleanno -, non può rimanere a bocca asciutta. Serve qualcosa. Qualcuno da difendere. Che facciamo? Trovato! Il nome è presto fatto: Cristina Torrisi di Italy rent car, proprio il gestore di uno dei noleggi di auto da cui sarebbe partito l'incendio all'aeroporto. Ma ne parliamo dopo. Intanto, «vi presento la mia famiglia, è la più disgraziata d'Italia», canterebbe Giorgio Gaber. Ecco, Trantino e la sua famiglia ormai ufficialmente sono uomini fidati di Galvagno.

Intanto si pedonalizza piazza Mazzini e si aumentano le indennità al Comune. Un colpo al cerchio e uno alla botte. Ma anche di questo ne parliamo dopo.

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