Il Pezzo Etneo

Gli incendi in provincia di Catania, a Valverde in fiamme il terreno dei Calderone
A Gravina e a Mascalucia a fuoco interi fondi e un bar. Magra e Giammusso tacciono
Giuliano spina e gabriele patti,  10 Settembre 2023
Al di là dei terreni andati in fumo tra il 25 e il 28 luglio, gli incendi sono continuati per tutta la stagione estiva. C'è chi parla di piani ben collaudati da parte della criminalità organizzata mafiosa infiltrata a dovere nelle istituzioni, che prevedono l'appiccamento coordinato di incendi su tutto il territorio. Manovre studiate a tavolino per rendere più complicate le operazioni di spegnimento da parte delle autorità competenti per ottenere chissà cosa. Ipotesi che, però, cedono il passo di fronte alle carenze di manutenzione e prevenzione che risiedono nel mancato scerbamento di aree verdi e siti archeologici completamente abbandonati a se stessi. E che vedono i maggiori responsabili nelle istituzioni, comprese la protezione civile e il corpo forestale. Intanto si parla di milioni di euro di danni

Nella città metropolitana di Catania, secondo i dati del corpo forestale regionale, da gennaio a settembre, si sono registrati 1442 incendi che hanno coinvolto circa mille ettari di bosco e oltre quattromila di superfice non boschiva. Un dato, questo, che però è solo parziale perché non tiene conto dei roghi divampati in molti Comuni alle pendici dell'Etna per i quali abbiamo effettuato una ricostruzione sul posto.

I dati del comando provinciale dei vigili del fuoco nei giorni dell'Apocalisse: dal 25 al 28 luglio

A Catania Comune si sono registrati cento interventi dei vigili del fuoco. Tra le zone più colpite ci sono via Fossa Creta, dove da anni insiste una macrodiscarica abusiva, talvolta rimossa, ma che puntualmente si riforma. In via della Fragola e del Basilico e in viale Biagio Pecorino, si sono registrati 13 interventi. Nove sono stati effettuati a Misterbianco, in cui a impegnare i pompieri è stato soprattutto l'incendio sviluppatosi nella zona di Madonna degli ammalati.

Ad Aci Castello sono cinque gli interventi effettuati dai vigili del fuoco: uno in via Ulisse, la strada che collega via Ceuta a via Vampolieri nell'omonima zona; due sono divampati in via Stazione; e altrettanti all'altezza del civico 13 di via Livorno, sulla strada statale 114. Ad Aci Catena, in tre giorni sono stati effettuati 15 interventi: il rogo più vasto pare essere stato quello in via Alimena, che ha comportato sette interventi dei vigili del fuoco; uno in via Nizzeti, uno al civico 154 di via dei Ciclopi e un altro al civico 6 di via San Nicolò; tre interventi sono stati effettuati in via Principi Riggio e due in via Federico De Roberto. Ad Aci Sant'Antonio il comando è intervenuto in via Tropea.

Trentadue gli interventi registrati, invece, ad Acireale, dove gli incendi, tutti in terreni boschivi e incolti, hanno colpito l'intero territorio: tra i roghi di più grandi dimensioni si contano quelli in via Villapetrosa, via Mortaro, via Belvedere e via Mirto. Tredici sono stati invece gli interventi ad Adrano tra i quali quelli di contrada Luna e strada Pecoraro; tre interventi sono stati effettuati in contrada Poggio Chiuse. A Belpasso sono stati 23 gli interventi: tra gli incendi che hanno comportato l'utilizzo di più mezzi ci sono quelli sviluppati in contrada Scagliola e in via Calatafimi.

Ventiquattro è il numero di interventi registrati nel Calatino. Quattro a Camporotondo e due in via Liberto a Calatabiano, uno a Castel di Iudica. Tredici interventi si sono registrati a Nicolosi. E altrettanti a Pedara. Ventidue a Valverde. Quattro gli interventi a Mascalucia: tre in via Etnea, uno nella zona del cimitero, antistante piazza Falcone-Borsellino.

Al di là dei terreni andati in fumo tra il 25 e il 28 luglio, gli incendi sono continuati per tutta la stagione estiva. C'è chi parla di piani ben collaudati da parte della criminalità organizzata mafiosa infiltrata a dovere nelle istituzioni, che prevedono l'appiccamento coordinato di incendi su tutto il territorio. Manovre studiate a tavolino per rendere più complicate le operazioni di spegnimento da parte delle autorità competenti per ottenere chissà cosa. Ipotesi che, però, cedono il passo di fronte alle carenze di manutenzione e prevenzione che risiedono nel mancato scerbamento di aree verdi e siti archeologici completamente abbandonati a se stessi. E che vedono i maggiori responsabili nelle istituzioni, compresi protezione civile e corpo forestale.

Ad Aci Catena i roghi principe

Oltre ai terreni, tra aziende agricole e saloni di ricevimenti andati a fuoco si contano gli incendi al locale Blu Panorama e all'azienda agricola Bella fresca. Del primo esercizio da gennaio 2020 è amministratore unico Dante Ingaglio, ex assessore in quota Mpa al Comune di Gravina - adesso sostituito in giunta dalla figlia Federica - e componente della famiglia che gestisce il distributore di benzina targato Q8, in via Etnea, nel comune della cintura pedemontana.

Per l'azienda agricola Bella Fresca, sponsor di diverse sagre nel Comune e fiore all'occhiello del tessuto imprenditoriale catenoto, i danni superano il milione di euro. A dirlo è il titolare Luciano Privitera. «Escludo categoricamente che il rogo che ha colpito la mia azienda possa essere doloso - commenta -, ma sorprende che a distanza di mesi la politica regionale non abbia detto una sola parola». Per Privitera, che è stato anche assessore del Comune di Acireale, tra il 2006 e il 2011, nella giunta guidata dal sindaco Nino Garozzo, l'unica soluzione immaginabile per risollevare le imprese dal collasso in cui versano è «ricorrere a fondi ministeriali come fatto per l'alluvione in Emilia Romagna, altrimenti non ce ne usciamo più - è la posizione di Privitera -, altrimenti tra un paio di anni il tessuto imprenditoriale etneo sarà estinto».

Secondo quanto ricostruito dal Pezzo, gli incendi sono partiti dalle terme di Santa Venera al Pozzo, sito archeologico gestito dalla Regione Siciliana. «Nonostante le varie sollecitazioni - commenta padre Arturo, responsabile della diocesi di Acireale -, si sono fatti vedere solo i vigili del fuoco e il Comune, dalla Regione nessuno si è fatto vedere o sentire». Per un incendio che, per padre Arturo, è frutto di mancate assunzioni di responsabilità a tutti i livelli, «da parte della Regione, del corpo forestale e dell'Ente parco». Perché, «non è possibile che ogni anno quel sito vada a fuoco e nessuno effettui la manutenzione e le operazioni di scerbamento - conclude -, la motivazione ufficiale è che l'incendio sarebbe partito da una cabina elettrica andata a fuoco, ma lei crede che una centralina possa prendere a fuoco autonomamente alle 5.30 del mattino?».

A Valverde danni per più di due milioni di euro

Secondo la ricostruzione della polizia municipale, a Valverde le fiamme sarebbero arrivate dai roghi divampati ad Aci Catena. Che, a seguito del forte vento sarebbero arrivati nel paese dell'Eremo di Sant'Anna. Proprio uno dei luoghi adiacenti ai terreni colpiti dalle fiamme. «Hanno preso a fuoco persino le tubature dell'acqua», commenta il proprietario di un terreno in via Eremo Sant'Anna. «Il danno maggiore si è registrato al parco suburbano», spiega il sindaco Domenico Caggegi.

Terreni di via Fontana

Con un'estensione di circa sei ettari, il parco Angelo D'Arrigo era stato riaperto tra il 2020 e il 2021 e doveva diventare un laboratorio a cielo aperto. Due anni dopo il primo ingresso al parco per la riqualificazione, il più grande polmone verde del territorio è andato in fiamme. «Al momento stiamo effettuando la conta dei danni - spiega Caggegi - il dato parziale ammonta a più di due milioni di euro». I fondi in cui si sono sviluppati i roghi maggiori si trovano in via Belfiore, via Fontana, in zona Carminello e Maugeri. Ad andare a fuoco sono stati anche i terreni della famiglia Calderone, in via Fontana. I discendenti del boss mafioso Pippo Calderone, il cui fratello Antonino fu collaboratore di giustizia con il magistrato Giovanni Falcone.

Nicolosi e la gestione della Pineta di Monti Rossi

Nel comune all'interno del territorio del parco dell'Etna a bruciare è stata tutta la pineta di Monti Rossi. L'incendio è durato due giorni, ma le fiamme hanno continuato ad ardere sotto il terreno per almeno una settimana. Come spiega Nunzia Guglielmino, precaria della forestale, che per il corpo smista le chiamate d'emergenza alle varie squadre operative. «Il rogo continuerà a propagarsi sotto il terreno - spiegava Guglielmino, contattata al telefono da questo giornale il giorno dell'incendio -, e i pini cadranno tutti». Un'affermazione che dà l'idea dell'entità del danno del rogo che ha colpito Monte Difeso, Monte Arso e Monte Serra Pizzuta. Dietro la devastazione generata dall'incendio, però, c'è chi pensa ci sia molto di più delle alte temperature. È il caso di Davide Cicero, presidente della Consulta comunale giovanile a Catania, in quota Fratelli d'Italia che, insieme a Giuseppe Laudani, coordineranno la costituenda associazione cittadina MadreEtna, nel paese alle pendici dell'Etna.

Le mappe del 2014, 2017 e 2018 sono riportate fedelmente alla piattaforma regionale. Quella del 2023, in mancanza di dati aggiornati, rappresenta solo una fotografia parziale su nostra elaborazione: in realtà l'area dei roghi è molto più vasta

«Il parco va a fuoco più o meno ogni cinque anni», spiega Cicero. Negli ultimi quindici anni si sono registrati quattro incendi di grandi dimensioni: nel 2014, nel 2017, nel 2018 e nel 2023, come risulta dal Geoportale forestale della Regione siciliana. Cicero crede che dietro l'incendio possa esserci la questione legata alla diatriba, che si protrae da anni, sulla gestione del parco tra il Comune e le associazioni che di anno in anno si sono succedute nella gestione dell'area. «Purtroppo - commenta - fino a quando la gestione degli incendi e dei parchi naturali sarà ostaggio di persone che hanno tutto l'interesse affinché si verifichino gli incendi, a pensare male si fa peccato ma a volte ci si becca». Il riferimento in chiave Andreottiana è all'episodio riscontrato dal giovane che a questo giornale denuncia: «Il giorno dopo l'incendio che ha devastato la pineta, un furgone della forestale stazionava in via Altarello, a Monte Arso - racconta Cicero -, nel frattempo, più a valle, si sviluppava un altro rogo ma il mezzo non interveniva, così ho scattato alcune foto e mi sono sentito dire che non potevo stare lì, un'ora dopo comincia a prendere a fuoco tutto il monte e due ore e mezza dopo passa il primo canadair».

Gli scatti di Davide Cicero il giorno dopo l'inizio dell'incendio

Mascalucia e Gravina

Ai piedi dell'Etna sono stati colpiti dalle fiamme diversi terreni al confine tra i due Comuni, dove la mafia imperversa. E che, insieme al quartiere di San Giovanni Galermo, formano quello che abbiamo definito Il triangolo dei Barracuda. Stiamo parlando del Comune di Gravina in cui la figlia di Nino Spartà - alias Zu Ninu - è consigliere comunale a sostegno del sindaco Massimiliano Giammusso. E del Comune di Mascalucia, dove da qualche mese si è dimessa da assessore e consigliere Valentina Lombardo, la nuora di Nunzio Zuccaro, ex ergastolano per associazione a delinquere di stampo mafioso. Il riferimento, che non intende creare alcun collegamento con le persone citate, risulta però utile nella descrizione del contesto territoriale.

A bruciare, tra gli altri, sono stati due terreni di confine: tra via Etnea e via Acque Munzone, in cui si verifica un incendio l'anno e al confine tra via Gobetti, via Polveriera, via Macello e via Filippo Corridoni. Di quest'ultimo non si trova traccia online, fatta eccezione per un video pubblicato dal primo cittadino gravinese in cui si vede solo lui, con il fumo alle spalle (ottima scelta comunicativa, soprattutto utile alle indagini, ci permettiamo di dire sicuri che il sindaco perdoni l'ironia). Proprio nell'area tra via Filippo Corridoni e via Polveriera - andata in fumo diverse volte negli anni precedenti - è sorta da pochi mesi l'isola ecologica del Comune di Gravina. Il centro di raccolta doveva essere pienamente operativo già a partire dal 12 giugno, ma l'apertura è stata posticipata prima a luglio e poi a settembre. A oggi non è ancora completamente in funzione. Stando ai dati dei vigili del fuoco, a Gravina pare ci sia stato un incendio pure all'altezza del civico 22 di via Gramsci, anche se a noi non risulta. Restiamo comunque a disposizione per eventuali aggiornamenti.

Via Monteverde a Mascalucia

Oltre a questi, al confine tra Mascalucia, San Pietro Clarenza e il quartiere di San Giovanni Galermo, a bruciare è stato anche un terreno incolto in via Monteverde. Il danno maggiore rischiava tuttavia di provocarlo il rogo che ha colpito parco Monte Ceraolo, patrimonio della biodiversità mediterranea tipica del territorio etneo. «Il parco non si tocca», si legge in un post dell'associazione Gli amici di Parco Monte Ceraolo datato 23 luglio. Chi si occupa della gestione del bosco spiegava come l'incendio fosse partito da un cumulo di rifiuti adiacente all'area boschiva a cui pare abbiano dato fuoco. Una circostanza che poteva mandare in fumo ettari di bosco. «Fortunatamente il fuoco ha lambito solo parte del bosco e non ha colpito la vegetazione - spiega Giulio Pappa, tra i coordinatori dell'associazione -, il vero problema è la manutenzione perché a prendere fuoco è stato un cumulo di rifiuti, tra cui anche un elettrodomestico, nascosto sotto i rovi».

Su quel bosco non sembra ci siano mai stati precedenti eventi incendiari. L'unico è quello registrato la notte tra il 22 e il 23 luglio di quest'anno. Gli stessi giorni in cui a Mascalucia - il riferimento è utile solo in chiave cronologica e, lo ribadiamo, dire che gli eventi siano collegati non è intenzione di questo giornale - è scoppiato il caso Lombardo. Quello che sappiamo è che nel 2016, ai tempi dell'amministrazione guidata dal sindaco Giovanni Leonardi, si sarebbe dovuto costruire un distributore di carburante a 200 metri dal parco, in spregio a tutte le norme sulla tutela delle aree naturali. Evento poi scongiurato a seguito di un'interrogazione dell'allora consigliere comunale Agata Montesanto. Oggi, come due mesi fa, da entrambi i primi cittadini - che abbiamo provato a contattare per capire dinamiche e ammontare dei danni -, l'unica risposta che si ottiene è un silenzio assordante.

Infine, per dovere di cronaca, un ulteriore incendio di altra natura si è verificato al civico 193 di via Roma, all'interno dei locali della pasticceria Privitera. Il rogo ha comportato la chiusura dell'esercizio commerciale noto in paese e nelle aule di giustizia. Il bar, insieme ad altri della zona, secondo la ricostruzione degli inquirenti dell'inchiesta antimafia Malupassu, sarebbe stato luogo di incontro degli esponenti del clan mafioso Puglisi-Mazzaglia, che sovente si recavano nell'esercizio di Alfio Privitera, dopo una breve visita nella gastronomia di Salvatore Tiralongo, alias Turi dell'Ulivo, a soli quindici metri dalla pasticceria. Tra le vie cittadine si vocifera che l'incendio possa essere dovuto alla mancata corresponsione di un'estorsione, ma il titolare interpellato da questo giornale replica: «Ma quale pizzo - smentisce al telefono Privitera - è esploso il forno a microonde e siamo stati costretti a chiudere l'attività». Un rogo, insomma, che rievoca il divampare delle fiamme all'aeroporto, quando una stampante è andata su tutte le furie.

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