Il Pezzo Etneo

Nel ‘Triangolo dei Barracuda’ tutto è concesso
Gabriele patti,  17 Febbraio 2023

Predatori insaziabili e feroci, i barracuda cominciano il proprio attacco investendo la preda a gran velocità. Si dice che, quando hanno raggruppato le prede, le riuniscano in un nutrito banco per aumentare l'efficacia dell'operazione. Gli adulti prediligono le acque profonde, mentre i giovani popolano le aree costiere. Nuotano e cacciano formando piccole bande, dinamica comune ad altre specie di predatori. È quanto si legge su Wikipedia riguardo le 26 specie di barracuda. Si tratta di specie marine. Di barracuda, però, se ne può parlare anche con riferimento alla terraferma. Sono imprenditori, mafiosi e politici. Che, come i barracuda, divorano ogni cosa ostacoli il loro cammino.

Dal centro città fino alle zone periferiche, Catania è controllata dalla mafia. A dominare il territorio c'è la famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano. E questa è storia nota. Ma c'è una zona, forse più controllata di altre, dove i legami tra politica e mafia sembrano farsi sempre più stretti. È il Triangolo dei Barracuda, formato da San Giovanni Galermo, Gravina e Mascalucia. Quello dove i carabinieri diventano vaddia, anche per alcuni ex sindaci del comprensorio. Lo dimostrano le inchieste. A nulla servono le denunce, le condanne e le indagini. Perché i protagonisti ritornano, i litigi passano e i legami restano. Si tratterà pure di piccola delinquenza, di piccole imprese e non di centri commerciali. Che poi falliscono. Ma sono proprio le piccole attività, quelle meno curate, che danno lavoro alla gente. La stessa gente che poi ti dice: «Io non mi spavento di quelli (la parola mafia non si pronuncia mai, nda), gli do trecento euro e passa la paura. Il vero nemico è lo Stato. E tu lo sai». Io? Vabbè.

La frase lascia interdetti per qualche istante, ma fa anche riflettere, dubitare. Forse hanno ragione loro: quei piccoli imprenditori che dallo Stato non sono mai stati tutelati e dalla mafia hanno ricevuto 'amicizia'. Tu, un po' spaesato, non sai cosa rispondere e pensi: lo Stato non ha mai aiutato neanche me, ma io non mi metto con i mafiosi. «Ma sono delinquentelli, non sono pericolosi: chiedono soldi ogni tanto e io glieli do», è il pensiero comune nelle piccole realtà locali. Queste ultime, per quanto piccole, contano. Contano per i politici e contano per la mafia. E contano anche se non ci sono i centri commerciali. Anche se non ci sono i Compro oro. Sebbene di Compro oro ce ne siano. E pure parecchi. Perché è proprio nei piccoli paesi che Cosa nostra trova meno resistenza. Ed è proprio in questi paesi che la politica gioca sporco.

È nei piccoli paesi che la mafia trova nella paura di chi sa che non c'è Stato, il terreno fertile per azzannare con serena ferocia le istituzioni. Quella stessa paura che nelle dichiarazioni rilasciate agli inquirenti si trasforma in serenità. «Vabbè appuntato, maresciallo, agente, ma che dovevo fare? Sono poveracci, mi hanno dato la cesta di Natale e io ho ricompensato». E i rapporti si fanno sempre più intensi, quasi inconsapevolmente, quasi come fosse tutto normale. Anzi è normale. È normale perché «siamo cresciuti insieme». È normale perché «quel soprannome gliel'ho dato io». È normale perché in campagna elettorale si può. Si può tranquillamente mandare un messaggio ricoprendo il ruolo di mediatore per far riappacificare un personaggio attiguo alla mafia con un letterato di vecchio corso. Si possono pure ignorare pagine e pagine di ordinanze e sentenze, perché «in paese ci si conosce tutti».

Si può accettare l'idea di avere un ente istituzionale in cui i dirigenti pensano alle proprie tasche e a quelle dei mafiosi. Si può apparire in una foto con un condannato agli arresti domiciliari e si può persino chiamare «zio» un uomo delle istituzioni. Per affetto, s'intende. Si può far saltare fuori un piano regolatore prima che lo stesso diventi pubblico. Si può assumere una spacciatrice come segretaria. Si possono bruciare le macchine e poi tornare amici come prima. Si può spacciare per strada ed esclamare: «Ma sono ragazzi». Si può fare esplodere una cabina telefonica e far finta di niente. E si possono persino candidare uomini di Cosa nostra nelle liste elettorali. Si può stare con due piedi in una scarpa. Si può stare con un piede in due scarpe. Si può sparare per strada e alle telecamere. Si può trasportare sabbia e non sapere chi la trasporta. E si possono asfaltare viali senza autorizzazione con cumuli di cemento abbandonati in una riserva naturale. Nel Triangolo dei Barracuda si può fare di tutto.

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