Ma Tremotino ignora la questione perché il silenzio è potere e l’etica non conta
«Non sono il riferimento morale della città, siete solo infastiditi dal mio successo». Parla da re Enrico Trantino, ignorando però che giocare con il potere è un rischio non indifferente. A volte ci si fa logorare, altre sopraffare. Altre ancora, quando avvolto da una cappa di inspiegabile adulazione, rischia di fare male. Di provocare un danno. Prima agli altri e poi a se stessi. Ed è quello che sta succedendo al sindaco. Che pare proteggere più se stesso e i suoi che pensare al bene della città e dei cittadini. Punta il dito contro questi ultimi, capro espiatorio di tutto ciò che succede in città e non parla di mafia. E gli amici sono intoccabili.
Come Angelo Di Martino, il presidente di Confindustria Catania, sotto estorsione da vent'anni senza mai denunciare. Un commendatore della Repubblica insignito del titolo nel 2019. Ci si chiede quale sia il merito nel pagare il pizzo per vent'anni senza mai sporgere denuncia. Così, mentre le associazioni antimafia - da Asaec ad Antimafia e Legalità -, ne chiedono le dimissioni, il sindaco Trantino, compagnone di Di Martino e presente alla maggior parte delle riunioni dell'associazione degli imprenditori, tace sornione. «Non è un problema mio», è il tenore delle dichiarazioni rilasciate dal sindaco a questo giornale. Immaginiamo che la colpa sia dei cittadini anche in questo caso.
«Dovrebbe dimettersi subito - è l'appello del presidente di Antimafia e Legalità Vincenzo Guarnera – e, se non lo facesse, dovrebbe sfiduciarlo la sua organizzazione. Se ciò non avvenisse, la vergogna sarebbe infinita per lui e per gli altri associati». E, in merito al titolo di commendatore, per Di Martino si tratta di un'onorificenza che andrebbe revocata. Nel frattempo, però, dall'organizzazione di imprenditori e dal sindaco tutto tace. Come si fa a tacere su anni di estorsioni pagate dalla principale associazione di categoria della città? Una domanda alla quale non può darsi risposta, ma una ricostruzione si potrebbe pure fare.
Il rapporto tra Di Martino e Trantino è sempre stato roseo, sin dall'inizio di questa amministrazione si sono confrontati, incontrati in quella relazione che nelle istituzioni amano definire di leale collaborazione. Circa dieci giorni fa, infatti, sono cominciati i tavoli di confronto e Di Martino in una lettera inviata al primo cittadino di cui viene dato risalto anche dalla stampa. «Molte delle aziende partecipanti agli incontri - scriveva il presidente di Confindustria Catania - sono nostre associate e nell'apprezzare l'iniziativa hanno già sentito la necessità di confrontarsi per condividere un approccio comune agli obiettivi del tavolo».
Insieme ai presidenti della Piccola Industria, Antonio Perdichizzi, della sezione Hi-tech e Ict e Digital Innovation Hub Sicilia, Francesco Rizzo, della sezione Terziario Innovativo, Arturo Lentini, e con altre aziende, tra cui i principali player mondiali del settore hi-tech, «confermiamo la piena disponibilità a partecipare attivamente al progetto, offrendo il nostro contributo di competenze e conoscenza».
Un contributo che, però, almeno per quanto riguarda Di Martino, è stato devoluto alla mafia. «Appaiono fin da ora prioritarie - conclude il presidente degli industriali etnei - iniziative che possano favorire una migliore percezione della nostra città come capitale tecnologica, innovativa e aperta ai giovani, a favore dei quali occorre indirizzare un importante sforzo in termini di formazione digitale».
Non sarà che Trantino, pur di non perdere soldi, voti e potere non vuole prendere posizione? Tra questi anche la presunta realizzazione dell'impianto hi-tech dal valore di 200 milioni di euro alla zona industriale? Il tutto a favore dell'illegalità diffusa, che combattono le associazioni antimafia, i giornalisti (anche se non proprio tutti), ma a quanto pare non l'amministrazione, né l'organizzazione di Confindustria. Se è vero, come è vero, che in qualunque città europea Di Martino si sarebbe dimesso subito, è anche vero che il sindaco ne sarebbe stato imbarazzato e si sarebbe accodato a chi vuole una città legale. Nella città al contrario Trantino invece pare sottovalutare la questione e, quasi come per gli incendi di quest'estate in cui compariva sorridente in foto, ignora il problema. Del resto «non è il riferimento morale della città».