Condannato a undici anni in primo grado, è agli arresti domiciliari
C'è chi dice che la sua attività sia stata sequestrata per il mancato rispetto delle condizioni igieniche. Chi sostiene che la causa sarebbe da rinvenire in questioni legate ad abusivismo edilizio. E chi, invece, non vuole proprio parlarne. Se si prova a passare dal girarrosto di Salvatore Tiralongo in un'affollatissima via Roma, una delle arterie principali di Mascalucia che pullula di attività commerciali, e a fermarsi davanti la saracinesca abbassata della Gastronomia Sapori e Profumi, si ha la sensazione di non essere graditi dai proprietari delle attività adiacenti. Sulla struttura a vetri realizzata lateralmente all'unità principale si scorge un foglio di carta con su scritto: «Attività commerciale soggetta a sequestro preventivo». Sono i sigilli apposti dalla sezione operativa dei carabinieri di Gravina di Catania. La misura costituisce parte degli effetti dell'operazione antimafia Malupassu, balzata agli onori delle cronache a maggio 2020 per avere svelato la fitta trama di relazioni del gruppo mafioso Puglisi-Mazzaglia, egemone nel territorio pedemontano, tra spaccio di stupefacenti, attività estorsive e avvicendamenti con alcuni protagonisti, politici e non, dei salotti mascalucioti.
Due anni dopo si è concluso il procedimento di primo grado e, tra gli altri, è stato condannato anche Tiralongo: 11 anni di carcere per spaccio di stupefacenti ed estorsione eseguite in concorso con gli altri sodali come attività derivanti da un vincolo associativo di stampo mafioso. Condanna, però, che per ragioni di salute sta scontando agli arresti domiciliari in attesa dell'appello. Secondo la ricostruzione di questo giornale, la misura è stata applicata dal Tribunale sezione Misure di prevenzione sulla scorta di una presunzione basata sulla sospetta provenienza di risorse finanziarie pari a circa 120mila euro.
Chi è Salvatore Tiralongo
Quarantasette anni, Tiralongo è legato ai Puglisi da rapporti familiari per avere sposato Francesca Puglisi, sorella di Giuseppe e Salvatore, figli a loro volta di Pietro Puglisi, detenuto in regime di 41 bis (circostanza, quest'ultima, che non gli ha impedito di impartire ordini alla cosca dal carcere, ndr) genero dello storico boss, ora deceduto, Giuseppe Pulvirenti, detto U Malpassotu. Era proprio Tiralongo che era solito andare a trovare l'ergastolano Pietro Puglisi al carcere di Voghera, in provincia di Pavia. Il suo nome viene citato ben 622 volte nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere che ha dato il via all'operazione, tra estorsioni e spaccio di marijuana.
L'estorsione al Garden bar di Gravina di Catania
Tra i motivi determinanti la condanna inflitta a Tiralongo in primo grado c'è anche l'estorsione perpetrata ai danni dell'attività di ristorazione Garden bar, in Via Antonio Gramsci, a Gravina di Catania. In questo caso, Tiralongo e Antonino Carciotto (anche lui sodale del gruppo e condannato a 15 anni in primo grado, ndr), avrebbero costretto i gestori dell'esercizio a pagare le bollette di luce, gas e Sky, per l'importo complessivo di duemila euro. Mentre per questa ipotesi, secondo la tesi della difesa che ha fatto ricorso in appello, Tiralongo avrebbe avuto intenzione di restituire i soldi, le cose stanno diversamente per altra parte dell'estorsione. Quella attinente alla consegna di mazzette di gratta e vinci dell'importo complessivo di 2.500 euro. Su questa, a poter facilitare la linea difensiva, ci sarebbe una conversazione intercettata dalle microspie in cui Carciotto sostiene che, al momento della richiesta, Tiralongo era completamente ubriaco.