La requisitoria: il patron de La Sicilia controlla l’editoria etnea
Rinviata al 26 gennaio l'udienza per la sentenza relativa all'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Reato di cui è imputato Mario Ciancio Sanfilippo. Nato nel 1936, l'ex direttore de La Sicilia, dal 1960 a oggi avrebbe influenzato la politica, l'amministrazione e l'imprenditoria di Catania e della Sicilia ed è «unanimemente ritenuto uno tra i più potenti uomini della Sicilia», è la versione degli inquirenti. Si tratta di una persona - collezionista di arte antica - che dopo essersi laureato in giurisprudenza, diventa prima giornalista e poi un imprenditore nel campo dell'editoria. Socio di imprese editoriali quali La Sicilia, il Giornale di Sicilia, la Gazzetta del Sud, la Gazzetta del Mezzogiorno; e di radio e televisioni, quali TeleEtna, Antenna Sicilia e Telecolor e nel passato, anche di altri canali televisivi insieme ai Rappa di Palermo.
L'imprenditore catanese vicino ai Virlinzi è socio di rami di aziende titolari di frequenze e ripetitori venduti prima alla Finivest di Berlusconi, poi a Telecom e Mtv; di imprese che si occupano di pubblicità (Simeto Docks) o della gestione di moderne tipografie. Come Etis, una società all'avanguardia che stampa non solo i quotidiani del Gruppo Ciancio, ma anche altri come La Repubblica o Il Sole24ore. Si tratta, in sostanza, di uno dei maggiori imprenditori nel panorama nazionale in editoria, tanto da essere stato per molti anni nominato presidente della Fieg nazionale (federazione degli editori) e socio e vicepresidente dell'agenzia di stampa Ansa. Ma ancora Ciancio è anche proprietario di numerosi immobili e terreni, aziende agricole, imprenditore che ha operato nel campo turistico e dell'edilizia, in passato insieme ai cavalieri del lavoro, e oggi insieme ad altri soci, quali la famiglia Virlinzi, ha promosso e costruito centri commerciali, come Porte di Catania e Sicily Outlet, e ha partecipato ad affari quali l'ospedale San Marco, la costruzione del parcheggio Europa a Catania.
Questa costituisce solo parte della descrizione che fa la procura di un potente di Catania che da anni gestisce l'editoria catanese e siciliana nella requisitoria di febbraio dei pubblici ministeri Agata Santonocito e Antonino Fanara. Poi ripresa a marzo dal pm Fabio Regolo.
Le attuali cariche societarie: non solo editoria
Tra le attuali cariche di Mario Ciancio ci sono i ruoli di amministratore e liquidatore in 13 società. Si va dall'agricoltura alle costruzioni: alcune inattive, altre in liquidazione, altre ancora corrispondenti ai terreni di sua proprietà. Che, peraltro, sono gli stessi che hanno costituito oggetto della confisca richiesta dalla procura, poi ritornati nelle mani di Ciancio.
Le partecipazioni societarie
Tra le partecipazioni più note c'è quella in Messapia srl, adesso in liquidazione, perché oggetto della confisca di beni per 150 milioni di euro, poi revocata in Appello. Messapia srl è socio al 33 per cento di Edisud spa, di cui è socio Ciancio nella misura del 33 per cento. Un'altra società del gruppo Ciancio e la Bari Editrice. Nella società sono stati investiti oltre dieci milioni di euro, dei quali nove non sarebbero giustificati.
«Da tutti gli elementi sin qui esaminati - scriveva il Tribunale di Prevenzione nell'ordinare la confisca di beni per oltre 150 milioni di euro di Ciancio Sanfilippo Mario -, si desume che Mario Ciancio Sanfilippo, nel corso del tempo, ha costantemente fornito a Cosa Nostra una serie di contributi, variamente atteggiatisi, tali da agevolare e rafforzare l'organizzazione criminale e, pertanto, da integrare la condotta del concorrente esterno in associazione mafiosa». E ancora aggiungevano che «la vita e le attività di Ciancio Sanfilippo sono state caratterizzate da occulti accordi con l'organizzazione criminale Cosa Nostra, alla quale lo stesso, quantomeno a partire dalla costituzione della Nies spa, ha garantito il controllo e manipolazione delle fonti giornalistiche, contatti con esponenti e rappresentanti delle Istituzioni collusi o compiacenti, reimpiego di capitali illeciti tramite iniziative imprenditoriali e conseguimento delle relative plusvalenze, affidamento dei lavori di rilievo pubblico e privato».
La requisitoria mette in fila gli eventi del processo che ne costituiscono l'evoluzione. Nel farlo, sottolinea come, in sede di prevenzione, anche la Corte d'appello «pur revocando la confisca di prevenzione di primo grado, osservava che "il rapporto di protezione esistente tra cosa nostra catanese e Ciancio Sanfilippo si era, nel tempo, via via cordialmente consolidato tanto che veniva considerato, nel contesto malavitoso, come un amico di cosa nostra catanese"». Perché, continua la requisitoria, «la presenza di cosa nostra catanese nelle sue vicende personali, è una circostanza che costituisce una costante e l'imputato era certamente in un "rapporto di cordialità, contiguità e vicinanza [. . .] con cosa nostra"». Tuttavia, e per altro verso, il decreto osservava che, però, «tale contiguità non si sarebbe mai trasformata in un contributo fattivo alle attività e allo sviluppo del sodalizio criminoso».