Consiglio e giunta si interroghino sui voti, non lo adulino
La mitologia, le favole, i film sono pieni di figure retoriche in cui qualcuno dona il cuore per amore, per sacrificio, per passione. Si tratta di metafore, di qualcosa di buono. Per esempio inel film John Q, Denzel Washington si offre volontario come donatore del cuore per suo figlio malato. Un gesto d'amore, quello di un padre verso un figlio che è in fin di vita. Amore vero. Non eravamo a conoscenza però che oltre ai film, alle parabole clericali, a quelle della bibbia possono esserci anche sindaci che si inventano su due piedi favole di macabro amore. Un amore finto e ostentato. Che si vede subito, non appena le leggi.
Così è per Enrico Trantino, il lato oscuro dei fratelli Grimm. «Cedo al sentimento. Perché oltre al sindaco c’è soprattutto l’uomo - scrive Trantino in uno dei suoi innumerevoli post senza senso che raccontano cose che alla città non portano gran giovamento - Domani è la festa della mamma. A me è sempre piaciuta molto questa fiaba, metafora dell'illimitato amore per i figli. La dedico a tutte le mamme e, guardando in alto, alla mia». Una fiaba, che non è fiaba, ma è un mix tra la poesia di Jean Richepin dal titolo Cuore di Mamma e La ballata dell'amore cieco di Fabrizio De Andrè.
Nella prima si parla di un «povero idiota che amava una ragazza che non lo ricambiava e lei gli disse: "Portami domani il cuore di tua madre per il mio cane"». Nella seconda, invece, si parla di «un uomo onesto, un uomo probo che s'innamorò perdutamente d'una che non lo amava niente e gli disse: portami domani il cuore di tua madre per i miei cani». La poetica Trantiniana unisce le due opere e, senza citarne nemmeno una, scrive una sua storia macabra, come i componimenti parafrasati e manifesta piacere, soddisfazione. Perché, al sindaco, «è sempre molto piaciuta questa fiaba». Quella che parla di un giovane che toglie letteralmente il cuore della madre per donarlo in pasto ai cani della sua amata. Che, lo ripetiamo, fiaba non è.
E quel gusto dell'orrido, macabro e perfido in stile Jean Claude e Madre (ma senza alcuna ironia) attira inspiegabilmente un sacco di seguaci. E allora, noi a ragione, non sbagliamo a definirlo Tremotino. Anche se pure gli altri soprannomi sono carini: Trent, il braccio armato della legge; Quentin Trantino, regista di mille sceneggiate ma carente nel ruolo di sindaco. E infine Johnny Trantino, per quella sua bizzarra attitudine a ostentare il ruolo di sindaco del popolo tra allegria e spensieratezza. Lo ha fatto ultimamente alla Corri Catania, al fianco di alcune ragazze esibendosi in un ballo degno di Nightmare before christmas. Un modo piuttosto insolito per un sindaco, e a parere di chi scrive anche risibile. Soprattutto se si pensa che nella lista del sindaco c'era anche l'ex presidente del Consiglio comunale in quota Pd e titolare del lido in odro di mafia Le Capannine, Francesca Raciti che però non ha ottenuto la poltrona a sala Verga.
Oltre a lei compariva uno che invece ce l'ha fatta: il consigliere comunale Antonio Manara, detto Entoni: a quanto pare la sua candidatura è stata sostenuta dalla famiglia Marino. La stessa di cui fa parte Ettore Marino, il titolare de L'Orsacchiotto, il locale di via Gemmellaro multato più volte senza che si sia mai attenuto all'esecuzione dei provvedimenti. Che, tra le altre cose, prevedevano anche la chiusura temporanea dell'attività. Proprio l'Orsacchiotto ha sostenuto la candidatura dell'attuale consigliere comunale PierMaria, nipote del santone Capuana accusato di pedofilia su minori e del sindaco Trantino. Un locale in cui Giovanni Magni, Salvo Pogliese e Capuana sono di casa.
E allora, dal momento che c'è una città in balia di un sindaco ballerino, con più di un'ombra alle spalle, che scrive poesie senza citarle e che dovrebbe pensare al bene della sua città e non suo, consiglieri e giunta (quelli che ancora qualche interesse per la città lo nutrono e anche quelli ai quali non frega niente) ma anche la società civile dovrebbero interrogarsi su come Trantino abbia preso una moltitudine di voti. E non, invece, perorare la sciatteria di un primo cittadino inorgoglito dai propri post che trova soddisfazione nell'autocompiacimento. Come un sindaco ipotetico: da una parte il sindaco del futuro, amico del popolo (anche se non si sa quel popolo, o meglio si sa ma si preferisce non parlarne, ndr) e dall'altra la macchietta, stanca di fare il sindaco (che non ha mai fatto) che si accontenta di recitare la parte del protagonista nella tragedia scritta da se stesso. Qui, abbiamo parafrasato Giorgio Gaber, ma noi almeno lo scriviamo.