Dopo un anno chiudiamo il giornale
Un anno e qualche mese. Un bel giornale, una bella grafica. Pochi contenuti e qualche piccolo risultato. Ho avviato questo giornale perché credevo che una spinta dal basso verso la lotta alla criminalità organizzata attraverso l'arma della scrittura potesse far scaturire una reazione buona. Una reazione verso qualcosa di nuovo con buone premesse, ma con poche certezze economiche e organizzative. Così, purtroppo, non è stato. E così, oggi, dopo un anno e circa due mesi sono costretto a chiudere il giornale per carenza di risorse. Quindi, sì, questo è l'ultimo articolo del Pezzo Etneo.
È stato un anno ricco di dispiaceri e difficile da gestire. Noi catanesi siamo conosciuti in tutto il mondo per quell'attitudine alla lamentela, alla lastima, che in qualche misura ci caratterizza. Una conseguenza ai mille misteri che, in questa città, pare non possano essere svelati. In un anno abbiamo provato a rispondere ad alcuni di quei perché a cui non c'è o non si vuole dare risposta. In parte ci siamo riusciti, per altra no.
Abbiamo capito che non si possono scandagliare i comuni della provincia per comprendere chi rispetta gli obblighi imposti dall'informativa antimafia. Perché, forse, lo puoi fare una volta. Alla seconda non ci arrivi. O se ci arrivi, non si sa come. Abbiamo capito che c'è qualcosa in questa città che impedisce alla parte buona (o almeno a quella che noi riteniamo buona) di lottare per far emergere il meglio di un'isola che non ha nulla da invidiare a nessuno. Forse la denuncia, lo studio, l'impegno nonn sono apprezzati. Forse c'è più interesse a fare giochi beceri che hanno un unico risultato: quello di tenere tutti con le mani legate.
Questo è un mestiere che ti dà e ti toglie. Che, se tocchi i tasti giusti, perdi tutto. E io ho perso tutto. Se scrivessi che non ne fossi consapevole mentirei, ma ci ho voluto provare lo stesso. Credevo che un'iniziativa indipendente che denunciasse le storture di un sistema retto dai soliti noti, dai i padroni della città, portasse qualche beneficio. A me, alla città, ai lettori e ai cittadini. Insomma, credevo ci fosse ancora qualcuno disposto a credere. Ma così non è stato. Così ho cercato la pace e giustizia in questo giornale, ma senza successo. Questa non è una città in cui si può emergere. A meno che non accetti vili compromessi, odio nei confronti di tutti, sporchi giochetti e il controllo diretto e indiretto dei babbioni della città. Già, babbioni.
Inutile elencare i risultati che in un solo anno abbiamo raggiunto: non è necessario né interessa a qualcuno. Quello che importa è provarci. E io ci ho provato. Ad Maiora.