Il Pezzo Etneo

Loggia Ungheria, nei verbali di Amara i dossier di magistrati e politici etnei
Nell’inchiesta archiviata a Perugia i (non) segreti del Sistema Catania
Gabriele patti,  25 Settembre 2023
La gip del tribunale di Perugia Angela Avila ha archiviato il procedimento a carico di nove indagati sull'esistenza della presunta associazione segreta balzata agli onori delle cronache negli ultimi due anni a seguito delle dichiarazioni dell'avvocato Piero Amara. I motivi dell'archiviazione e le vicende che avrebbero coinvolto l'ex governatore Raffaele Lombardo, l'ex presidente di Pubbliservizi Adolfo Messina, e i magistrati Tinebra e D'Agata. Le incongruenze delle dichiarazioni spontanee del legale riferimento di Eni sul magistrato Sebastiano Ardita. Dall'inchiesta emerge anche l'interessamento di Denis Verdini per piazzare un professore negli atenei siciliani. Nel frattempo la procura di Milano incardina il procedimento per calunnia nei confronti dell'avvocato

Questa è una storia dove realtà e finzione si intrecciano in un aggrovigliato sistema di mezze verità e veleni. Un sistema paese che si chiama Italia. Il passato riemerge prepotentemente in un insieme di eventi che rievocano un momento storico di grande difficoltà. Si parla degli anni novanta quando massoneria, mafia e politica in maniera coordinata e contorta remavano contro lo Stato. O meglio, contro pezzi dello Stato: quelle parti di Istituzioni che non cedevano allora e non cedono oggi alla prepotenza e arroganza di chi non vuole un sistema democratico. È la storia d'Italia che emerge dal caso Amara, l'avvocato di personaggi eccellenti protagonista e artefice delle cronache degli ultimi due anni. Che al centro pongono politici, giornalisti e magistrati. È la storia della presunta loggia Ungheria. Presunta perché la gip Angela Avila, del tribunale di Perugia, circa dieci giorni fa ha archiviato la questione. Una storia che, però, è di là dal finire perché mentre per la giudice non sarebbe mai esistita una struttura organizzativa, la procura di Milano, che indaga sulle presunte calunnie scaturite dalle dichiarazioni di Piero Amara (secondo l'avvocato sarebbero 65 gli affiliati a quella che avrebbe dovuto rappresentare la prosecuzione della loggia P2), ha richiesto la trasmissione delle trascrizioni e delle registrazioni dei verbali dell'avvocato. Una storia che, sebbene archiviata, coinvolge personaggi noti della città alle pendici dell'Etna.

Il decreto di archiviazione

Da quando è scoppiato il caso, Amara non ha smesso di parlare. Insieme a lui a rendere dichiarazioni spontanee è stato l'amico, collega e suo legale Giuseppe Calafiore. I due parlano, pure troppo. Raccontano trent'anni di storia d'Italia. E nel calderone finiscono personaggi conosciuti che hanno contribuito a infangare la storia di questo paese come il procuratore Tinebra e tanti altri che, invece, questo paese, proseguendo l'opera di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, lo hanno difeso. Come Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita. Nel decreto con cui la gip archivia l'esistenza di una loggia segreta, non si smentiscono i fatti oggetto di dichiarazioni rese da Amara, ma si contesta la carenza di elementi idonei per poter affermare l'esistenza del reato previsto dalla legge Anselmi che punisce la costituzione di associazioni segrete che operano come contropotere a quello dello Stato. «Manca una ricostruzione della struttura organizzativa dell'associazione segreta - si legge nell'archiviazione -, limitandosi l'esposizione di Amara a descrivere singoli rapporti di particolare amicizia o colleganza tra alcune persone».

Quindi non si è indagato sulla veridicità o meno delle affermazioni dell'avvocato. Questione che verrà invece affrontata nel procedimento per calunnia di cui si occupa la procura di Milano. Per questo diventa importante distinguere tra le dichiarazioni di Amara che non trovano supporto in documenti informatici e non (segreti o meno, poco importa) da quanto si riscontra in due file trovati nel computer personale dell'avvocato e denominati rispettivamente keepwild e note difensive. Documenti, questi, rinvenuti nel corso di un altro procedimento instaurato nei confronti di Amara per cui, nel corso dell'interrogatorio, l'avvocato comincia «inaspettatamente e spontaneamente» a raccontare di una presunta loggia Ungheria. Tra le note di parte redatte da Calafiore e keepwild, il documento più affidabile parrebbe quest'ultimo. Per il solo fatto che era destinato all'ex ministro dello Sport del governo Renzi Luca Lotti, nel documento indicato con i nominativi di capo, LL o Luca.

I verbali di Amara: il Sistema Catania

L'ex presidente di Pubbliservizi Adolfo Messina

Keep wild, tradotto mantieniti selvaggio, è un insieme di appunti del 2015, il cui nome deriverebbe dall'omonimo negozio di abbigliamento, di cui Luca Bacci - secondo Amara, altro componente della presunta loggia -, sarebbe stato titolare. Nel file compaiono i nomi di Eni, Enel, dell'attuale ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, del direttore generale del Consiglio di Stato Antonio Serrao. Insomma, di mezza Italia. Politici e magistrati anche catanesi. Come Adolfo Messina, l'ex presidente di Pubbliservizi - la partecipata al 99,5 per cento dalla forse rinobilitata provincia di Catania e allo 0,5 per cento dall'istituto musicale Vincenzo Bellini - attualmente in fase di scioglimento per opera del commissario straordinario Maria Virginia Perazzoli. Già condannato a quattro anni e sei mesi di reclusione per corruzione nell'ambito dell'inchiesta Cerchio Magico, di cui però Messina ha passato solo 15 giorni in carcere, per scontare il resto ai domiciliari, adesso gli resta l'ultimo anno da eseguire ai servizi sociali sotto l'egida del tribunale di sorveglianza. Pare che il servizio sociale consista nell'esecuzione dell'attività giornalistica in uno dei quotidiani catanesi.

La creatura dell'ex presidente della Regione Raffaele Lombardo e il presidente dell'epoca rientrano tra gli appunti citati nel documento. Il nome di Messina compare seguito dalla scritta tra parentesi "(vedilo come una cortesia personale)". «Politico catanese legatissimo a diversi deputati con cui fanno squadra - annota Amara - In Sicilia lui e altri vorrebbero trovare un'identità nel Pd Renziano. Con me sempre molto affettuoso sul piano personale. Mi chiede di potere incontrare 10 minuti il Capo da diversi mesi. I suoi colleghi di Catania hanno già avuto incontro con lui. Non si presenta benissimo sul piano dell'eleganza ma sarebbe per me importante un incontro. Riusciamo a farlo incontrare con LL questa o la prossima settimana? Solo 15 minuti».

L'intermediazione di Davide Faraone e Raffaele Lombardo per il professore Attilio Toscano

Non solo keepwild, però. Perché, oltre al documento, l'inchiesta archiviata poggia anche sui messaggi che Amara scambiava con la politica di un certo livello. Tra questi, gli inquirenti annotano una conversazione che Amara intrattiene con Denis Verdini - all'epoca baricentro del governo Renzi - a gennaio 2016 e che riguarda da vicino la Sicilia. Si parla di piazzare un professore. Serviva uno sponsor. In questa occasione l'ex governatore Lombardo, insieme a Davide Faraone - attuale deputato alla Camera e ai tempi sottosegretario al ministero della Salute quando a Palazzo Chigi sedeva Paolo Gentiloni - avrebbero acquisito il ruolo di intermediari: «Prof. Toscano per la Sicilia. Puoi verificare con Luca (Lotti, ndr)», chiede Amara a Verdini. «Domani Lotti incontra Faraone e gli chiede di Toscano - risponde Verdini - vedi che Toscano abbia il sì di Faraone perché io ho detto a Lotti l'ok di Lombardo». Si trattava di Attilio Toscano, professore di diritto pubblico a Unict e figlio di Giuseppe, il magistrato che, secondo le dichiarazioni di Amara, sarebbe stato tra gli affiliati della loggia Ungheria. Affermazione che, però, si risolvono in un buco nell'acqua derivante dall'archiviazione del processo.

Le dichiarazioni di Amara su Tinebra

Giovanni Tinebra, l'ex procuratore generale a Catania ormai defunto sarebbe stato tra i fondatori o promotori della presunta associazione. Che, lo ribadiamo, sebbene non si mettano in dubbio i singoli rapporti tra Amara, Calafiore e gran parte della gente che conta all'interno delle istituzioni, è stata archiviata perché per i magistrati perugini non esiste un vincolo associativo. E quindi non esiste loggia. Il ruolo di Tinebra, a dire di Amara, sembrava comunque essere preponderante. Stando a quanto dichiarato dall'avvocato riferimento di Eni, fu lui a introdurlo all'interno della loggia. «Riteneva che io avessi le caratteristiche per entrare a far parte dell'associazione di cui condividevo ideali e scopi e alla quale avrei aderito assoggettandomi al vincolo di solidarietà e di disponibilità - dice Amara agli inquirenti - la parola obbedienza non veniva utilizzata ma era implicita nell'obbligo di disponibilità».

Dopo qualche settimana Tinebra lo avrebbe invitato a un incontro tenutosi all'hotel Excelsior, in piazza Verga, proprio di fronte al tribunale di Catania. Un aperitivo a cui avrebbero partecipato anche l'allora presidente del tribunale di Catania Antonio Cardaci e il gip Antonino Ferrara. «Tinebra - racconta Amara - mi disse che all'associazione aderivano anche il procuratore generale di Messina Franco Cassata e il sostituto procuratore Francesco Paolo Giordano». In questa occasione, uno dei magistrati più chiacchierati della storia d'Italia, colui che avrebbe tenuto la valigia di Borsellino con all'interno la famosa agenda rossa dopo l'omicidio in via D'Amelio, a Palermo, avrebbe spiegato all'avvocato il saluto segreto che fungeva da riconoscimento degli associati. «Era quella di stringersi la mano premendo tre volte con il dito indice sul polso dell'altro e pronunciando la frase "sei mai stato in Ungheria?" - spiega Amara - Alla frase, in caso di riconoscimento, non doveva seguire risposta».

Il capitolo Sebastiano Ardita e le incongruenze sui principi dello Stato liberale della loggia e il giustizialismo di Magistratura Indipendente

A dicembre 2019 Amara interrogato parla di un altro incontro avvenuto tra il 2006 e il 2007 all'Osservatorio permanente sulla criminalità organizzata di Siracusa, che pareva essere il centro operativo della loggia, lo stesso da cui deriva il nome dell'ormai noto Sistema Siracusa. In questa sede riferisce del presunto incontro con l'ex componente del Csm e attuale procuratore aggiunto a Catania Sebastiano Ardita nel corso di una cena avvenuta proprio all'osservatorio. Ma c'è un'incongruenza nelle dichiarazioni di Amara, che prima afferma che Tinebra lo avesse coinvolto con l'intento di sposare gli ideali di uno Stato liberale che potesse opporsi ai principi giustizialisti spinti proprio dalla corrente di Magistratura indipendente, di cui facevano parte Ardita e Di Matteo, per poi dichiarare che il giustizialista Ardita avrebbe fatto parte di una loggia che pare andasse contro i suoi stessi principi.

«Tinebra ritenne che avessi le caratteristiche per essere introdotto in un gruppo più ristretto di persone e che nel corso della mia vita questo mi sarebbe stato molto utile - dichiara Amara agli inquirenti -. Sottolineo Stato liberale perché questo mi fu più volte rimarcato in quanto il gruppo si proponeva di affermare i principi di uno Stato garantista contro quella che appariva già all'epoca una deriva giustizialista, quello che poi nel tempo mi fu rappresentato essere lo spirito della corrente Magistratura Indipendente, molti esponenti della quale fanno parte di Ungheria». Quest'ultima, se si credesse alle dichiarazioni di Amara, avrebbe dovuto incarnare lo spirito liberale con affiliati giustizialisti. Un paradosso per i principi a cui si sarebbe, secondo Amara, ispirata la loggia.

Alessandro Centonze e il processo di favoreggiamento (poi estinto) del clan Nardo ad Amara

Nel 2008 la procura di Catania indaga sul reato di corruzione e accesso abusivo con l'aggravante di aver favorito il clan Nardo. Accusati del reato erano, oltre ad Amara, anche il cancelliere Vincenzo Tedeschi. Stando agli atti del processo dal tribunale perugino, Amara avrebbe riferito a un suo cliente notizie relative a un procedimento a suo carico, per il tramite proprio del cancelliere che sarebbe venuto a conoscenza delle informazioni utilizzando abusivamente la password del magistrato Alessandro Centonze. Tutti sarebbero stati affiliati a Ungheria. Un gran casotto da cui era difficile tirarsi fuori e che complicava le cose anche per quest'ultimo. Per questo il magistrato avrebbe richiesto un incontro alla moglie di Amara per chiedere all'avvocato di patteggiare e salvare la sua carriera. Che, da parte sua, avrebbe dovuto spiegare come la password fosse finita nella disponibilità del cancelliere. Ancora una volta sarebbe stato provvidenziale l'intervento di Tinebra. «A lui feci sapere che non avrei mai patteggiato», dichiara Amara all'interrogatorio.

E così Tinebra ha dovuto mettere una pezza. La questione, poi, dal pubblico ministero Andrea Ursino passa a Enzo D'Agata - che attualmente, insieme alla figlia Velia, si trova alla sbarra nell'inchiesta Università Bandita, il processo incardinato sul sistema dei concorsi truccati all'Ateneo di Catania -, «che aveva ottimi rapporti con Tinebra», ammette Amara. Successivamente il procedimento viene poi trasferito per competenza a Messina dove a occuparsi della questione sarebbe stato il procuratore generale Cassata. Alla fine, il processo viene dichiarato estinto in appello. Una circostanza raccontata dall'avvocato che trova corrispondenza non solo nelle carte, ma anche in un messaggio inviato da Amara alla sua collaboratrice Alessandra Geraci a novembre 2018: «Pazzesco la merda di Centonze invece di aiutarmi mi ha chiesto di riferire a Enzo (Tedeschi, ndr) di non dire che gli accessi li ha fatti lui». Tutti i magistrati citati, stando alla ricostruzione di Amara, avrebbero fatto parte dell'associazione segreta.

La gestione dei processi di Berlusconi e l'anticipazione ai servizi segreti che Ilardo avrebbe collaborato con la giustizia

Tinebra si sarebbe occupato, sotto l'egida di Ungheria, anche della gestione dei processi del presidente del Consiglio. In particolare, nell'interrogatorio reso a settembre 2021, Amara cambia versione sulla nascita dell'associazione collocandola nei primissimi anni novanta, ben prima della costituzione dell'osservatorio permanente sulla criminalità, e tira in ballo i magistrati Paolo Giordano e Centonze. Che, a suo dire, sarebbero intervenuti nella gestione dei processi del Cavaliere per il profondo legame con Tinebra, il quale sarebbe intervenuto gestendo in modo non corretto i procedimenti nei confronti dell'ex leader di Forza Italia pendenti presso la procura di Caltanissetta; dall'altro lato, informando in anticipo i servizi segreti dell'intenzione di voler collaborare con la giustizia avanzata da Luigi Ilardo, il boss mafioso che collaborò con il colonnello del Ros Michele Riccio, ma venne ucciso poco prima di diventare ufficialmente collaboratore di giustizia e godere del sistema di protezione.

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