L’assessore Monforte parente di un presunto affiliato al clan Brunetto
«Se ci chiedono dichiarazioni dobbiamo parlare». In piazza Lauria c'è fermento. Al bar Chevralier di Giuseppe Fallone sono già passati i primi giornalisti e, tra una birra e un caffè, ci si confronta. «Non possiamo fare scena muta, altrimenti ci daranno degli omertosi», è il consiglio di uno degli uomini seduti al tavolo dell'esercizio che si trova in una delle due piazze del centro storico. Qualche centinaia di metri più avanti, in corso Regina Margherita, Eugenio del bar Nicotra non ha dubbi: «Tanto in maggioranza quanto all'opposizione non c'è nemmeno un delinquente in questo Comune». Non sono passate nemmeno ventiquattro ore da quando il Consiglio dei ministri ha emanato il provvedimento con cui ha disposto lo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose e in paese nessuno sembra sapere niente. Tutti attendono le motivazioni del provvedimento preventivo. «Siamo circa tremila abitanti, ci conosciamo tutti perché siamo cresciuti insieme, quali infiltrazioni». Ma a Castiglione di Sicilia quindi c'è la mafia? «Ma quando mai, questa è solo una guerra politica», è la risposta di tanti. Anche della Cisl. La sede della sigla sindacale si trova proprio di fronte a palazzo comunale. Alle ultime elezioni amministrative, il sindacato ha sostenuto proprio il sindaco Antonio Camarda. «Lo conosciamo da quando era piccolo, è una persona perbene e pulita», è la posizione di alcune sindacaliste.
In realtà, però, sull'esistenza della mafia a Castiglione c'è anche chi la pensa diversamente. «Qui c'è la mafia, ma non è quella d'onore di una volta, sono solo dei fantocci», è uno dei tanti commenti. «Adesso il vero problema è che - replica un altro -, con l'arrivo del commissario dovremmo pagare tutte le bollette arretrate e quelle che il Comune non ha inviato». Il riferimento è alle bollettazioni della luce. Perché a Castiglione non c'è l'Enel, ma è lo stesso Comune a gestire la fornitura di energia elettrica. «Non inviano le bollette da mesi», conferma un albergatore. Questa, però, non è l'unica stranezza di uno dei borghi siciliani più apprezzati dai turisti. Perché lì, come in molti quartieri della periferia etnea, non ci sono neppure banche. «Dopo l'ultima rapina hanno tolto tutto, ormai è rimasto solo il postamat», spiega un commerciante. A essere sparita è anche la pista ciclabile. Dei dieci chilometri di percorso (costato circa 26 milioni di euro, ndr) ricavato dall’ex tracciato ferroviario della Circumetnea che collegava Castiglione a Linguaglossa non è rimasto più nulla. Il colore rosso della pista è stato sostituito dal grigio cenere della fanghiglia. E di manutenzione non se ne parla.
È l'aria che si respira a Castiglione dopo lo scioglimento del Comune per mafia. Il clima è sereno, ma la preoccupazione derivante dai potenziali danni di immagine che può subire la città non fanno stare tranquilli tanti esercenti e imprenditori. Come Nunzio Valentino che da anni gestisce un'attività ricettiva nel cuore del quartiere ebraico. «Da qui passano migliaia e migliaia di turisti - spiega Valentino al Pezzo -, Castiglione è noto per il vino, l'accoglienza e l'aria pulita, adesso però basta una ricerca online per scoraggiare i turisti a trascorrere le vacanze qui. Se cerchi Castiglione, la prima parola che trovi è "mafia". Chi deve venire più».
Il provvedimento
Martedì il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, alla luce delle acclarate ingerenze da parte della criminalità organizzata che compromettono il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione, con grave pregiudizio dell'ordine e della sicurezza pubblica, ha deliberato lo scioglimento del Consiglio comunale di Castiglione di Sicilia e l'affidamento per un periodo di diciotto mesi della gestione del Comune a una commissione straordinaria. Così si legge in una nota stampa del Consiglio dei ministri diramata circa sette mesi dopo l'attività ispettiva disposta dal prefetto Maria Carmela Librizzi.
Le ombre in Giunta
In attesa delle motivazioni, in città si mormora. Sul banco finisce la giunta comunale. Il nome più chiacchierato è quello di Salvatore Monforte, assessore dal 2020 per poi essere riconfermato nel 2022 sempre con l'amministrazione Camarda. L'assessore è il nipote di Antonio Monforte, presunto affiliato al clan Brunetto, arrestato a novembre 2017 nell'ambito dell'operazione Fiori di Pesco, l'inchiesta che avrebbe sgominato il clan legato alla famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano, incardinata sui reati di associazione mafiosa, estorsione aggravata dal metodo mafioso, danneggiamento seguito da incendio e traffico di sostanze stupefacenti. Proprio al nipote di uno dei presunti affiliati è stata affidata, tra le altre, la delega a Ecologia e ambiente del Comune di Castiglione.
La parola alle istituzioni
«Non intendo rilasciare dichiarazioni prima di conoscere le motivazioni del provvedimento di scioglimento». Antonio Camarda, sindaco di Castiglione di Sicilia al suo secondo mandato consecutivo, non si sbilancia. Lo scioglimento del Comune è stato un duro colpo per chi, come Camarda, è stato anche vittima di quello che pare essere un attentato intimidatorio. «Sanno tutti che persona sono, che non ho mai avuto o ceduto a condizionamenti di sorta, anzi a gennaio mi hanno pure bruciato la macchina», racconta il primo cittadino a questo giornale. «Non ho idea di quali possano essere le motivazioni dello scioglimento - sostiene Camarda -, e non intendo fare valutazione preventive, ma l'assessore Monforte ha sempre avuto un comportamento rispettoso della legalità, altrimenti non lo avrei riconfermato». Nemmeno il vicesindaco sembra farsene una ragione. «Il mandato è cominciato pochi mesi fa in continuità con la precedente amministrazione - spiega Francesco Raiti al Pezzo -, ma non appena sono state disposte le indagini ispettive abbiamo capito subito che a breve ci sarebbe stato lo scioglimento. A distanza di mesi, però, non riusciamo a capire quali possano essere gli elementi di condizionamento mafioso in un paese di circa tremila abitanti in cui ci conosciamo tutti».