La difesa: «La norma del codice antimafia è illegittima per la Consulta»
Niko Pandetta, già condannato e detenuto per spaccio ed evasione, è imputato per un altro reato: avrebbe utilizzato un telefono sequestrato nel 2020. Davanti ai giudici milanesi il cantante neomelodico nipote del boss mafioso Salvatore Cappello dovrà difendersi dalla contestata violazione del decreto sulle misure di prevenzione. Un processo che si è aperto oggi per il trapper siciliano di 32 anni finito al centro delle polemiche per i testi delle sue canzoni tra cui Dedicata a te, scritta per lo zio detenuto in regime di 41bis dal 1993.
A Pandetta non sarebbe stato possibile l'uso del telefono in virtù del decreto della sezione Misure di Prevenzione e della disposizione del codice antimafia (il comma 4 dell'articolo 3 del codice antimafia, nda) che prevede in capo al questore il potere di sequestrare il telefono tramite «avviso orale». Ovvero la misura introdotta nel 1988 come presupposto per l'applicazione di sorveglianza di pubblica sicurezza, per poi essere elevato a vera e propria misura interdittiva nel 2011 con il codice antimafia. La stessa che era stata applicata nei confronti di Pandetta. Il telefono, di cui la procura di Milano contesta l'utilizzo, infatti era stato oggetto di avviso orale del questore di Catania già nel 2015 e nel 2020 era stato sequestrato.
Ma c'è un però. Il codice antimafia, nella parte in cui attribuisce al questore il potere di sequestrare il dispositivo è stata sul tavolo della Consulta. «La Corte costituzionale - dichiara ad Ansa il legale di Pandetta Niccolò Vecchioni -, a febbraio ha dichiarato illegittima la norma del codice antimafia che consentiva al questore di vietare l'utilizzo di apparati di comunicazione radiotrasmittenti a soggetti ritenuti socialmente pericolosi». Per il legale il codice antimafia, nella parte in cui conferisce al questore un tale potere, «confligge con il principio di libertà di comunicazione sancito dalla Costituzione». Sulla scorta di queste motivazioni si poggia la richiesta di proscioglimento avanzata oggi dalla difesa in attesa della decisione che avverrà a maggio.
Oltre alla condanna per spaccio di droga Pandetta sarebbe coinvolto anche nella sparatoria avvenuta ad agosto in via Cardinale Dusmet, davanti all'Ecs dogana. Proprio all'interno della discoteca sarebbe scoppiata una lite a seguito di un duetto promesso e poi saltato tra Nicolò Rapisarda, in arte Tony Effe e Niko Pandetta, in quello che, stando alle carte dell'ordinanza, è stato un regolamento di conti tra clan: i Cappello-Bonaccorsi e i Carcagnusi. Ai ragazzi delle salette - il gruppo di Filippo Intravaia, vicino ai Carcagnusi -, l'accordo tra i due cantanti e la presenza di Pandetta non sarebbe andata a genio. Così hanno occupato il palco proibendo al neomelodico e nipote del boss Turi Cappello di cantare. Dal diverbio sul palco alle pistole: si sono riversati in strada ed è partita la sparatoria. Cha a Pandetta è costato un Daspo Willy - la misura introdotta dal legislatore allo scopo di arginare l’aumento delle aggressioni e dei reati, quali furti e rapine, commessi da giovani, a volte giovanissimi - per un anno.