I fratelli Vitale, l’autosalone Florio e le «buste più graziose»
I "cavalli" recapitati negli alberghi ai tempi in cui Paolo Borsellino indagava, tra gli altri, sull'omicidio di Giovanni Falcone a Palermo, vent'anni dopo a Catania diventano "cassatelle" e "moto". Non si tratta di animali, né di dolci o di veicoli a motore, ma di droga. In particolare hashish, marijuana e cocaina. Sono alcuni dei termini captati dalle microspie per celare l'attività di spaccio, nell'operazione condotta dalla guardia di finanza e denominata Slot Machine. Nella misura cautelare emessa dal Tribunale di Catania che vede indagate 33 persone, il cognome dei fratelli Vitale riempie le carte dell'inchiesta: Franco, Giuseppe, meglio noto come Pinuccio, Santo e Fabio. I quattro avrebbero assunto il ruolo di grossisti della droga. Finiti in manette per il presunto reato di associazione a delinquere semplice finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.
L'ordinanza: grossisti, fornitori e il territorio dello spaccio
L'ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata eseguita dalla Guardia di finanza nei confronti di 21 persone. Per quanto riguarda le misure reali è stato disposto il sequestro, finalizzato alla confisca, di undici attività economiche, sette fabbricati, sei terreni e 50 rapporti finanziari. Un'operazione condotta grazie a un fitto sistema di intercettazioni e alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Salvatore Castorina e Carmelo Liistro. Il quadro delineato dalla procura di Catania vede un ingente traffico di sostanze stupefacenti gestito dai fratelli Vitale nei territori di Gravina di Catania, Mascalucia, San Giovanni Galermo e Misterbianco, dal 2018 al 2019. I Vitale sarebbero stati i grossisti della droga, ma da qualcuno dovevano pur prenderla. È così che nascono i rapporti con Paolo Messina ed Erion Keci, soprannominato Johnny, i fornitori della sostanza. Dalla Toscana alla Sicilia avrebbero inviato fiumi di droga ai Vitale. Che poi l'avrebbero rivenduta nel territorio etneo. Questo fino all'arresto di Messina, avvenuto a luglio 2019. Finito in manette, i Vitale si sarebbero messi alla ricerca di altri interlocutori: Nunzio Cacia e Salvatore Copia (entrambi indagati). Ma ogni traffico di stupefacenti che si rispetti ha bisogno anche dei corrieri. Ruolo che sarebbe stato ricoperto da Mauro Mazzamuto e Maria Grazia Presti, arrestati allo svincolo della tangenziale di San Giovanni Galermo con chili di cocaina trasportata a bordo di un'auto a noleggio.
L'autosalone Florio: le incomprensioni per la ripartizione delle somme e la busta più graziosa
«Le macchine le hai comprate anche per me?». «Sì, le ho comprate anche per te». La conversazione tra Giuseppe Vitale ed Enzo Florio, amministratore di fatto della Florio Srls, è avvenuta proprio davanti all'autosalone di quest'ultimo, nella strada che collega Gravina a Mascalucia. Florio avrebbe impiegato i proventi dei Vitale (consegnati da Franco e Pinuccio, nda) derivanti dalla vendita di sostanze stupefacenti nell'attività di acquisto, vendita e noleggio di autovetture, in modo da ostacolare l'identificazione della provenienza illecita del denaro. Dalla gestione di un'attività all'altra, però, non sarebbero mancati i malintesi. E così nella stessa conversazione tenutasi nell'autosalone cominciano le incomprensioni. Pinuccio chiede a Vincenzo di spiegargli bene il meccanismo con cui dovrebbero ripartirsi le somme. «È elementare - sostiene Florio - tanto entra di macchine, per esempio dieci macchine, e tanto deve entrare di soldi». La risposta non fuga i dubbi di Pinuccio che insiste: «Quante macchine abbiamo comprato insieme negli ultimi sei mesi?». La replica è incomprensibile e non risulta nei brogliacci delle intercettazioni, ma Vitale continua: «E come mai io non ho preso nemmeno un euro?». Così Florio si trova nella difficile circostanza di spiegare la differenza tra il «vendere panetti (di droga, nda)» e quella di un autonoleggio. «Vi ho già detto che 150mila euro per un autosalone è come andare a comprare un chilo di pane».
Al di là delle incomprensioni, c'è anche qualche momento di goliardia. In particolare in occasione della distribuzione dei soldi tra i sodali del gruppo. Si parla di assegni non trasferibili, di viaggi non pagati come si richiedeva che fossero pagati e di buste più graziose. Pomo della discordia la somma di 48mila euro che Franco e Giuseppe Vitale si ritrovano a contare insieme a Paolo Messina, anche lui indagato. «Quanti ne mancano?», è la domanda rivolta da Giuseppe Vitale a chi, come Messina, avrebbe avuto il ruolo di detenere e cedere gli stupefacenti a Paolo Raciti, un altro sodale che poi avrebbe spacciato la sostanza. Conti alla mano sarebbero mancati 37.400 euro. «Togligli 400», è l'invito che Pinuccio rivolge ridendo a Messina. «Non capisco perché ci devo sempre rimettere io per i viaggi che faccio», lamenta Messina chiedendo una somma più alta in una «busta più graziosa». A quel punto Vitale lo rassicura promettendogli che - si legge nelle carte dell'inchiesta - «quando faranno i furgoni, le macchine e "le cose", gli assegni glieli intesterà a lui personalmente e li farà non trasferibili».