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Martedì 14 gennaio all’Aran è andato in scena l’ultimo atto della trattativa per il rinnovo del Contratto nazionale della sanità: l’ennesimo attacco al sistema sanitario pubblico, con risorse decisamente insufficienti. Per i salari, infatti, era previsto un aumento del 5,78 per cento che, a fronte dell’inflazione che nell’ultimo triennio è stata del 16 per cento, avrebbe determinato la perdita di potere d’acquisto del 10 per cento. Come avvenuto per le funzioni centrali, infatti, il governo sembra decisamente più interessato a finanziare l’economia di guerra che a far sì che lavoratrici e lavoratori arrivino a fine mese.
Quello della sanità è un settore di importanza fondamentale dove si opera in condizioni sempre più difficili, tra gli scarsi finanziamenti alle strutture pubbliche e le continue aggressioni ai sanitari; dal settore sanitario, in particolare pubblico, ormai si fugge. Per questo Usb aveva lanciato un appello a non firmare il contratto, presentandosi sotto le finestre dell’Aran. Gravi le responsabilità di chi ha dichiarato di condividere questo contratto, a partire dal Nursind pronto, con la penna in mano, a calpestare la dignità degli Infermieri in ossequio ai desideri del governo.
Un governo che esce perdente dalla tornata contrattuale per il rinnovo dei contratti pubblici: prima con una risicatissima maggioranza per la firma del Ccnl delle Funzioni Centrali, bocciato al referendum condotto da Usb, Cgil e Uil dal 98 per cento delle lavoratrici e dei lavoratori che hanno partecipato e, ora, con la bocciatura del contratto della sanità che riguarda una platea ben più consistente che sfiora i 600 mila lavoratori. E la prossima settimana si replica con il rinnovo del Contratto collettivo nazionale del lavoro delle Funzioni Locali.
Con questa sonora bocciatura la questione salariale nel Pubblico Impiego torna prepotentemente al centro del discorso e sarà difficile continuare a eluderla o, peggio, a banalizzarla come fatto fino a ora. Ma torna al centro anche il tema della democrazia sindacale, del diritto a non firmare contratti penalizzanti per i lavoratori e le lavoratrici senza essere per questo esclusi dai tavoli della trattativa decentrata.
Ora la mobilitazione si sposta nei posti di lavoro e nelle piazze; il futuro non è scritto e noi continueremo, come abbiamo fatto oggi, a fare la nostra parte fino in fondo per garantire diritti e salario alle lavoratrici e ai lavoratori della sanità pubblica e di tutto il comparto pubblico.