Presidente Sidra: «Se il Comune ci ordina di realizzarlo, noi lo facciamo»
Circa cinquanta chilometri di costa inquinata dagli scarichi dei canali. Fogne a cielo aperto e divieti di balneazione invadono le coste catanesi e non solo. I depuratori non esistono e quelli che ci sono non sono attivi o in funzione. E la manutenzione latita. La volontà dell'amministrazione di chiudere i canali o di depurarli pare non esserci. E il mare, da Capomulini ad Augusta, è sempre più in balia dell'inciviltà e della negligenza della politica.
Da Aci Trezza alla playa passando per la scogliera di Ognina, il litorale pullula di divieti di balneazione, eppure ogni anno si realizzano le piattaforme proprio nei luoghi in cui valgono le prescrizioni. Un paradosso che in trent'anni non si è riusciti a risolvere. Così è, tra gli altri, per il viale Kennedy dove da giorni tiene banco lo sbarramento del fiume Arci. Che, per il giudice civile del 2021 è un canale di scolo pieno di rifiuti industriali e in quanto tale va chiuso. Per l'autorità di bacino del 2023, invece, si tratta di un fiume naturale e quindi non sottoponibile a modificazioni che alterino il corso d'acqua.
«L'importante è presentarsi alle europee. Vergogna!». Il post con tanto di video pubblicato dal giornalista Cristiano Di Stefano evidenzia le condizioni di inquinamento del canale Arci. Il canale sversa al mare della playa portando con sé, a dire di chi segnala la questione, le sostanze inquinanti della zona industriale. Il contenuto ha suscitato l'indignazione della società civile fino a spingere il consigliere comunale Graziano Bonaccorsi a proporre interrogazione mostrando in assise - in una seduta in cui il sindaco non si è presentato - una bottiglia contenente acqua prelevata dal canale dal colore grigiastro. L'amministrazione però pare non pronunciarsi se non con un commento del sindaco Enrico Trantino convinto che il canale Arci sia pulito. «Basta l’acqua fresca per scatenare l’indignazione», dice il primo cittadino.
Eppure già nel 2021, il Tribunale civile di Catania aveva stabilito che il canale non dovesse più sversare in mare determinando che la competenza a impedire lo sversamento spettasse alla partecipata dell'acqua. «Tocca a Sidra fare cessare immediatamente lo sversamento delle acque provenienti dal canale Arci», era il tenore dell'ordinanza a firma del giudice Fabio Mangano. Perché, si legge nel provvedimento in possesso del nostro giornale, «costituisce un fatto pacifico che in assenza delle opere di sbarramento del canale annualmente eseguite il canale Arci versi a mare gli scarichi industriali provenienti dall’area industriale Pantano».
Un dato di fatto che peraltro non fu contestato dalla difesa del Comune di Catania che affermò che, in mancanza di completamento del sistema di fognature nella zona industriale, «il canale è utilizzato anche come emissario delle acque reflue di una parte della zona industriale». Circostanza, questa, confermata anche nei documenti: nel 2021, infatti, il sindaco aveva chiesto un finanziamento per la realizzazione della rete di smaltimento dei reflui industriali al fine di risolvere definitivamente la questione. E questo, per il giudice, bastava a «dimostrare l’attualità del problema del versamento a mare dei reflui».
Passano due anni. A maggio 2023 la situazione muta radicalmente. Perché Sidra comunica all'Auorità di bacino l'avvio dei lavori per attuare un ulteriore sbarramento del fiume e arrestare lo sversamento in mare, ma la Regione diffida la società all'esecuzione dei lavori in assenza di provvedimenti autorizzatori. Un mese dopo è la prefettura a convocare un tavolo per discutere della Ricognizione dello stato manutentivo dei torrenti e dei canali che recapitano le acque in mare. Proprio in questa sede l'autorità di bacino ribadisce a tutti gli Enti convenuti il divieto assoluto di realizzare opere di sbarramento delle aste fluviali, torrentizie e dei canali.
Un anno dopo, la questione ritorna sotto i riflettori del Consiglio comunale in una replica al sindaco che arriva dai banchi dell'opposizione. «Quella che Trantino definisce "acqua fresca" - è l'intervento del consigliere comuneale del Movimento cinque stelle Graziano Bonaccorsi -, nel periodo estivo non dovrebbe sfociare alla plaia secondo quanto stabilito dal giudice del tribunale civile di Catania nel lontano 2021, che ha chiarito che la competenza a intervenire per fermare lo sversamento delle acque è di Sidra». Ovvero della società partecipata dell'acqua presieduta dall'uomo di Salvo Pogliese, Fabio Fatuzzo.
Leggendo i documenti, nel parere dell'autorità di bacino incardinato su due normative: la prima risalente al 1865 e firmata da Vittorio Emanuele in persona, l'altra, datata 1921 e che andava a modificare quest'ultima, è stata abrogata il 22 dicembre del 2008. Inoltre, nel documento compare anche una «circostanziata segnalazione» che parrebbe essere stata determinante - resa il mese successivo alla convocazione delle parti in prefettura - che evidenzia come con l'opera di sbarramento si possa concretizzare il pericolo di limitare il normale deflusso del fiume con rischi di esondazioni. «Sullo stradale Primosole, nel punto in cui questo scavalca il canale Arci che da ovest corre verso est, è stato realizzato un terrapieno che, sfiorando l’intradosso della passerella, occlude completamente lo sbocco verso il mare aggravando le condizioni di deflusso», si legge nel provvedimento che sulla scorta di queste motivazioni nega l'autorizzazione allo sbarramento.
«Al di là della segnalazione - spiega Fatuzzo al Pezzo Etneo - non abbiamo impugnato il provvedimento e non abbiamo intenzione di realizzare lo sbarramento perché la legge dispone il divieto di modificare il percorso dei corsi d'acqua, a meno che l'assessorato Territorio e ambiente del Comune non ci ordini di farlo». Non rimane che interpellare l'assessore all'Ambiente Salvo Tomarchio. «Ci sono ordinanze di protezione civile, non posso parlare, devo entrare al ristorante», replica laconico Tomarchio contattato al telefono da questo giornale.
Più propenso a fornire informazioni è l'assessore al Mare Andrea Guzzardi. «Il Comune, in questa vicenda, non ha voce in capitolo - dice l'assessore smentendo il presidente Fatuzzo -, c'è un rimpallo di responsabilità tra Regione e Sidra su cui noi non possiamo intervenire». Nel frattempo sono in corso i tavoli alla prefettura per cercare di trovare una soluzione che possa essere una via di mezzo tra lo sbarramento e lo sversamento in mare. «Si pensa a uno sbarramento parziale tale da impedire lo sversamento in mare», sono le informazioni che trapelano dalle convocazioni in prefettura.
Il punto però è un altro. E ruota attorno alla natura artificiale o naturale del canale Arci: cioè se il canale rientra tra i torrrenti fluviali o tra i canali di scolo. Il giudice nel 2021 dà per assodato che si tratta di canale di scolo delle acqe reflue, mentre la Regione lo giudica canale naturale. Se il canale, come nel 2021, viene ancora utilizzato - ed è molto probabile - come fognatura di reflui industriali non dovrebbe sversare in mare. Al contrario se, come sostiene l'autorità di bacino, non ci sono scarichi fognari, il canale sarebbe classificato come fiume naturale e quindi non può essere sbarrato. Una conclusione a cui la Regione arriva, come detto, sulla base di due normative del secolo scorso. Senza, a quanto pare, tenere in considerazione né il parere giurisdizionale né monitorare la quantità di scarichi industriali nel fiume. Ma ci si limita a considerare solo i livelli di escherichiacoli.
Nel frattempo ad Aci Castello, altra zona in cui ci sono almeno due canali di scolo di proprietà del Comune che sversano rifiuti e liquami in mare, è in via di realizzazione il collettore fognario che dovrebbe raccogliere gli scarichi di tutte le abitazioni del Lungomare, evitando lo sversamento nel litorale e attraverso la rete di tubature condurre i liquami al depuratore della zona industriale.