Il Pezzo Etneo

L’ordinanza discriminatoria che dispone il divieto di stazionamento
«Provvedimento inapplicabile e incostituzionale, deve essere ritirato»
Gabriele patti,  01 Febbraio 2025
Il documento non è altro che un daspo urbano rivolto anche a chi è stato solo denunciato per determinati tipi di reato. Tra sanzioni xenofobe che vanno a colpire «cittadini stranieri di diverse etnie spesso dediti all'alcool», «esercizi commerciali gestiti da cittadini stranieri», «donne, specialmente di nazionalità straniera, dedite alla prostituzione», la prefettura individua sei zone rosse, ma le opposizioni alzano le barricate: «Viola la Costitzuione, è un'ordinanza di stampo fascista» ed è un'altra norma antibivacco mascherata da provvedimento sulla sicurezza. «Come si può vietare a un residente di sedersi tranquillamente sull'uscio di casa sol perché, magari anni fa, ha avuto problemi con la giustizia?», è la posizione del Movimento cinque stelle e del Partito democratico

Creare dei varchi per il controllo delle persone? Obbligare le persone a indossare un pass con l'indicazione del reato commesso? Quali sono gli strumenti che devono essere assegnati alla polizia locale? Tutte domande valide a leggere il contenuto dell'ordinanza sulla sicurezza urbana a firma della prefetta Carmela Librizzi emanata una settimana fa anche per affrontare la festa di Sant'Agata. Perché delle due l'una: o si fa la legge con metodi applicativi chiari oppure non si fa proprio. Invece in questa città si fanno sempre le cose a metà: si scrive la norma, non si parla dell'applicazione e si attuano discriminazioni.

Ma rientra nella logica dei paradossi istituzionali a quali siamo già tutti abituati. Cosi è nell'ultima ordinanza in vigore da oggi «con la quale si istituiscono sei zone rosse dove si vieta lo stazionamento e nelle quali ci sono disposizioni che violano i diritti fondamentali dell'essere umano», affermano le opposizioni.

Basta citare alcune frasi inserite nelle descrizioni delle zone. Così nella zona 3, quella di piazza Stesicoro, ci sono «cittadini stranieri di diverse etnie spesso dediti all'alcool» che, per la prefettura, meritano una sanzione. A San berillo, invece, a essere meritevoli di sanzioni sono le prostitute, ovvero, come le definisce la prefettura, «donne, specialmente di nazionalità straniera, dedite alla prostituzione».

Il movimento cinque stelle e il Partito democratico non hanno dubbi al riguardo: l'ordinanza è «inapplicabile e incostituzionale». E, in effetti, a leggerne il contenuto risulta non privo di criticità. «Perché - continuano i gruppi consiliari - individua, arbitrariamente, delle zone rosse in cui è fatto divieto di "stazionare" a chi è stato anche solo segnalato alle autorità giudiziarie per vari reati di cui al Codice penale».

Il provvedimento infatti intende sanzionare lo stazionamento, qualunque cosa voglia dire, perché nel documento non si definisce la sua nozione giuridica. Termine, peraltro, più adatto ai veicoli che alle persone. E che richiama l'ordinanza sindacale emessa a luglio del 2023 che in maniera contorta e confusa vieta «di sedersi, sdraiarsi o dormire sul suolo pubblico o nelle aree ad uso pubblico o aperte al pubblico passaggio, sui sagrati delle chiese, sui gradini dei piedistalli delle statue dei monumenti». Un'ordinanza antibivacco, quest'ultima, mascherata da ordinanza per il decoro urbano.

Oppure ancora ricorda quella che limita la vendita agli esercizi di vicinato per garantire la sicurezza come rimedio alla malamovida. «Due ordinanze che non sono altro che pezze - dichiaravano i residenti di via Gemmellaro già allora a questo giornale - che sfiorano solo marginalmente la questione, sarebbe invece necessario disporre un servizio di pattugliamento che comunque la polizia locale non può garantire». Che non viene previsto nemmeno in questa ordinanza. Si fa solo un generico riferimento a nuovi strumenti da assegnare alla polizia locale per il contrasto della microcriminalità anche in occasione delle celebrazioni di Sant'Agata.

A sinistra la prefetta Carmela Librizzi e a destra il sindaco Enrico Trantino

Così, nel silenzio normativo, non rimane che immaginare che allo stazionamento si debba dare la stessa interpretazione che ne dà l'ordinanza del 2023. E, conseguentemente, anche in questo caso, finisce per diventare un provvedimento antibivacco. Perché, come si fa a identificare tutti i soggetti che hanno procedimenti penali? Forse dai vestiti? Dalle facce? E lo stazionamento in cosa consiste se non anche nel bivacco? E diq uesto comunque sebbene codice alla mano la prefettura non ne fa mistero quando scrive che l'ordinanza si pone in continuità con i regolamenti comunali già approvati in tema di sicurezza.

La prefettura poi fa un lungo elenco di reati già commessi dalle persone che ai sensi dell'ordinanza dovrebbero essere allontanati (anche sulla base della sola segnalazione all'autorità giudiziaria) e ai quali si dovrebbe applicare il divieto di stazionamento. Un divieto di stampo fascista che non piace alle opposizioni. «Come si può chiedere a qualcuno di allontanarsi dal "salotto buono" non per qualcosa che sta facendo, ma per ciò che potrebbe fare? O a un residente di sedersi tranquillamente sull'uscio di casa sol perché, magari anni fa, ha avuto problemi con la giustizia?», è la posizione del Movimento cinque stelle espressa in una nota stampa.

Perché il provvedimento è incostituzionale

Espressioni quali «cittadini stranieri di diverse etnie spesso dediti all'alcool», «pizzerie e locali di cucina etnica», oppure ancora «numerosi esercizi commerciali gestiti da cittadini stranieri soprattutto di nazionalità gambiana e senegalese», sono volti a identificare per razza e nazionalità una particolare categoria di persone.

Cioè costituiscono una discriminazione ai sensi degli articoli 43 e 44 del Testo unico sull'immigrazione, che la identifica nel «trattamento (in questo caso di tipo normativo e sanzionatorio) che direttamente o indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l’ascendenza o l’origine nazionale». E ciò in contrasto con l'art. 3 della Costituzione che recita: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».

Contro le violazioni dela disposizione costituzionale, l'ordinamento predispone una tutela adeguata con l'art. 40 del Testo unico. «Quando il comportamento di un privato o della pubblica amministrazione produce una discriminazione per motivi razziali, etnici, linguistici, nazionali, di provenienza geografica o religiosi, è possibile ricorrere all'autorità giudiziaria ordinaria per domandare la cessazione del comportamento pregiudizievole e la rimozione degli effetti della discriminazione».

La richiesta delle opposizioni

Quello ha fatto prima il Comune, e adesso la prefettura non è altro che istituire un vero e proprio daspo urbano in sei zone della città. Che può valere e avere un senso per quanti in queste aree assumano atteggiamenti aggressivi, minacciosi o insistentemente molesti, determinando un pericolo concreto per la sicurezza. Ma lascia perplessi in relazione al metodo adottatto per risolvere il problema. La soluzione, per il Movimento, «si raggiunge con i servizi sociali, politiche abitative, sostegno economico alle fasce più deboli e risposte repressive quando serie e rieducative, non certo con diktat dal sapore fascista che riportano indietro le lancette della storia». Come, appunto, il divieto di stazionamento.

«Le motivazioni alla base del provvedimento, poi, appaiono velatamente classiste e xenofobe. Basti pensare che le zone col più alto tasso criminale stanno altrove. Ci auguriamo che l'ordinanza venga ritirata, non tanto per gli effetti che potrebbe produrre, vista l'assoluta inapplicabilità del contenuto, ma per l'immagine pessima che restituisce della nostra città - conclude la nota - Evidentemente il Metodo Almasri è arrivato anche in città. Se si commette un reato bisogna arrestare, non allontanare. Se il reato non c’è non si può restringere la libertà di movimento. Al governo, al centro e alla periferia, si sono inventati un ‘nuovo ordine civile’. Che sia un "ordine nuovo"?».

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