
«Barbagallo adesso deve fare un passo indietro»
«Barbagallo non si deve ripresentare per l'elezione a segretario del Partito democratico». Fabio Venezia, ex sindaco di Troina, non ha difficoltà a spendere parole che esprimono tutta la sua mancanza di stima nei confronti di Anthony Barbagallo. Le sue dimissioni dalla segreteria per posizioni nettamente in contrasto con quelle del segretario risalgono solo a qualche settimana fa. Quando si è concretizzato lo strappo tra fazioni del partito.
Uno strappo le cui origini risalgono ad almeno due anni fa. Da cui un documento balzato agli onori delle cronache firmato da 16 dissidenti. «Che sono in realtà 563», precisa, documenti alla mano, l'attuale consigliere regionale all'Ars.
I loro nomi compaiono nella documentazione che chiede, in contrasto con quanto stabilito da Barbagallo, che la nuova segreteria si formi a seguito di primarie aperte il cui voto non venga limitato ai soli tesserati ma alla platea di elettori che, sebbene non aderenti formalmente al partito siano vicini per ideologia e affezione politica. Insomma, primarie vecchio stile con i gazebo sparsi sul territorio.
Se le primarie costituiscono il nodo centrale su cui si basa l'avversione nei confronti del segretario, bisogna pur dire che a una certa parte del partito Barbagallo non è mai piaciuto. Sullo sfondo c'è la sua vicinanza a Raffaele Lombardo, padrino politico dell'ex sindaco di Pedara e adesso parlamentare nazionale alla Camera dei deputati.
Circostanza, questa, che non è mai andata giù a gran parte del partito. Perché, dicono alcuni interni, «il pesce puzza sempre dalla testa». E allora è la testa che va cambiata. Quella testa che per molti, anche per carattere, sarebbe causa della riduzione del bacino elettorale e ostacolo alla risalita del partito. Un ostacolo che adesso va rimosso.
Anche per questo è necessario ritornare al sistema delle primarie aperte, per Venezia e gli oltre 500 dissidenti che, precisa il deputato regionale, «sono sindaci e segretari di circolo con un ampio consenso elettorale» che rappresentano il 70 per cento dei quadri dirigenti del partito. «Deve fare un passo indietro» è la richiesta di fonti interne al partito democratico. Una parte consistente del Pd che non può non essere considerata.
Nel documento che richiede le primarie «ci sono esponenti importanti come Enzo Bianco, Giuseppe Beretta e Piero Bartolo a non voler più Barbagallo come segretario». Perché, rincara la dose Venezia, «il partito non va bene e occorre un vero rilancio che segni discontinuità con il passato e di conseguenza con Barbagallo che non è più adatto a ricoprire questo ruolo».
E che dire delle dichiarazioni rilasciate dal segretario riguardo la questione dei fondi regionali che si sono trasformati in mancette regalate ad amici degli amici. Al deputato non sono andate a genio. «Un sistema che si ripete da anni» denunciato da La Sicilia e di cui, a detta di Venezia, avrebbe usufruito anche Barbagallo. «Anche lui è stato deputato regionale e adesso non può far finta di niente», attacca Venezia.
«Mi sono dimesso dalla segreteria - conclude - perché non ho condiviso il percorso da lui intrapreso, le ambizioni sono legittime ma non si possono piegare alle logiche personali perché il segretario non può essere arbitro, guardalinee e giocatore».