Il manifesto del cambiamento del consultorio autogestito Mi Cuerpo es mio e Non una di meno Catania
«Il cerchio della violenza si chiude. Quest’anno, iniziato con lo stupro di Villa Bellini ai danni di una ragazza tredicenne da parte di un gruppo di ragazzi, si conclude con lo stupro degli Archi della Marina. Una donna di 36 anni è stata violentata da due uomini in pieno centro città, dietro la lustratissima piazza Duomo allestita per il sontuosissimo concerto di capodanno. È l’emblema di quali sono le priorità del sindaco Trantino e della sua amministrazione. Viviamo una città in cui subiamo violenze e soprusi ogni giorno: le molestie sui luoghi di lavoro, nelle scuole, nei locali; i fischi per strada; gli stupri in pieno centro; le violenze e i femminicidi nelle case; ma anche i pochissimi centri antiviolenza senza fondi e supporti che riescono ad erogare solo servizi carenti; gli spazi autogestiti dalle donne e per le donne sgomberati dalle forze dell’ordine su mandato della politica, riconsegnati all’abbandono».
«Questa è la quotidianità della città di Catania: non è una città per le donne, lo ripetiamo sempre. Il consultorio autogestito sgomberato un anno fa - da allora è rimasto inutilizzato - si è organizzato in una manifestazione per far parlare Catania e ha stilato il manifesto della propria attività. Un programma in cui si delineano gli obiettivi delle attiviste del Consultorio autogestito MI cuerpo es mio in un'azione congiunta con la rete Non una di meno portata avanti stamattina in punti strategici della città. «Preferiamo far parlare la città con degli striscioni appesi e non ascoltare un sindaco che inneggia alla violenza e giustifica comportamenti violenti».
«Tanta la solidarietà della gente comune che ha assistito all’affissione degli striscioni. «Rifiutiamo la retorica della politica che attribuisce il problema delle violenze alla nazionalità o alla condizione socioeconomica dei violentatori: gli stranieri clandestini, i clochard, gli straccioni, il problema sta sempre fuori dalla cosiddetta “normalità”. Invece, per noi, il problema è proprio questa normalità, il problema è un Sindaco, che a Marzo 2024, durante uno dei consigli comunali dedicati al tema della sicurezza in città dichiara: “I ragazzetti che fischiavano o, alla catanese, 'nsuttavunu i fimmini' (insultavano le ragazze) ci sono sempre stati”. Preferiremmo il silenzio a queste parole, silenzio che, tra l'altro, bene si accoppierebbe con la mancanza assoluta di iniziative efficaci volte al contrasto della violenza».
«Rifiutiamo la vostra idea di "sicurezza" che invoca più esercito, telecamere e polizia. Queste forme di controllo servono solo alle istituzioni per lavarsi nuovamente le mani delle proprie responsabilità e negare l’evidenza, ovvero che la violenza di genere e sulle donne è un fenomeno strutturato e strutturante, e l’unico modo per contrastarla è la prevenzione, che avviene all’interno di spazi transfemministi e attraverso un'educazione che punta a demolire le strutture di potere patriarcali».
«Ecco perché non ci rivolgiamo né al sindaco né ai politici né alle forze dell’ordine, ma ci rivolgiamo soprattutto alle donne di questa città: la storia deve cambiare e dobbiamo essere noi le attrici principali di questo cambiamento. Organizziamoci per reclamare i nostri diritti per difenderci, superiamo la falsa retorica dei "buoni" e dei "cattivi" e mettiamo a critica tutto, collettivamente. Solo il ragionamento e l'azione collettivi possono portarci oltre tutto questo, possono alimentare e realizzare il sogno di una Liberazione».
«Il patriarcato è pervasivo e ci vuole soprattutto zitte, per questo dobbiamo gridare, unite, senza farci ingannare dai falsi proclami. Autorganizziamo la nostra resistenza, la nostra lotta, la nostra autodifesa, incontriamoci, liberiamo spazi, costruiamo alleanze tra donne, difendiamoci l’un l’altra, sovvertiamo questo sistema».
Le strade sicure le fanno le donne e le soggettività che le attraversano.
Ci vogliamo vive e libere!