Il Pezzo Etneo

Morti sul lavoro, la legge per introdurre il reato di omicidio e il salario minimo
Usb: «Basta alle politiche del profitto, più sicurezza e stipendi a dieci euro l’ora»
Redazione,  05 Settembre 2023
Il sindacato dice stop alla 'dittatura' di Confindustria: «Non si muore per cause incidentali, ma perché la vita delle lavoratrici e dei lavoratori non conta niente per i governi e per i padroni»

Le politiche governative, di centrosinistra e di centrodestra, hanno accentuato l'abuso del sistema degli appalti, la privatizzazione del comparto del lavoro pubblico, l'espandersi inarrestabile della precarietà del lavoro e la ricerca del profitto a tutti i costi. Che spesso rappresenta la ragione per la quale si risparmia sui costi per la sicurezza o addirittura si manomettono gli impianti di sicurezza, aumentando così i rischi dei lavoratori.

«Sono le politiche del profitto dettate apertamente da Confindustria che determinano la riduzione sistematica dei livelli di sicurezza in tutti i posti lavoro, sia pubblici che privati, con incidenti quotidiani e spesso mortali - è la posizione del sindacato Usb - Non si muore per cause incidentali, si muore perché la vita delle lavoratrici e dei lavoratori non conta niente per i governi e per i padroni». Per la sigla da sempre a sostegno e in difesa dei diritti dei lavoratori «non sono morti bianche, termine utilizzato per annacquare le responsabilità organizzative, sono omicidi».

Per questo giovedì mattina, parallelamente alle manifestazioni di molte piazze italiane, il sindacato insieme a Unione Popolare Catania sarà in piazza Giovanni Verga per la raccolta delle firme a sostegno della legge di iniziativa popolare per introdurre il reato di omicidio sul lavoro. Al sit-in verranno raccolte le firme per fissare a dieci euro l'ora il salario minimo - un euro in più rispetto a quanto previsto dalla proposta di legge presentata alla Camera il 4 luglio a firma di Partito democratico, Movimento cinque Stelle, Avs Azione e +Europa - rapportato all'aumento dell'inflazione per assicurare «il diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro e sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa», così come previsto dall'articolo 36 della Costituzione.

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