Il Pezzo Etneo

Housing e socialità: la storia di Hesham e le difficoltà dei care leavers
«Correvo scalzo verso un gommone, adesso la mia vita è cambiata»
Redazione,  07 Marzo 2023
Ventidue anni, è arrivato in Sicilia su un barcone quando di anni ne aveva 15. Da allora ha dovuto affrontare le insidie di un percorso che nemmeno conosceva. Poi è stato accolto da Il Nodo e qualcosa è cambiato. Il consorzio e la fondazione Illimity hanno presentato questa mattina il progetto Barrio21, che mira all'accompagnamento dei giovani adulti fino al raggiungimento dell'autonomia. Per farlo si comincia da un immobile nel quartiere di Barriera che ospiterà otto care leavers

«Correvo a piedi scalzi verso i gommoni per il viaggio da Alessandria a Messina». Il ricordo è impresso nella mente di Hesham. Ventidue anni, per fuggire da una vita in Egitto che offriva solo due strade (la povertà o la delinquenza violenta) si è trovato costretto a lottare con altri in una corsa sfrenata per guadagnare un posto a bordo di un mezzo di fortuna. Un gommone con cui raggiungere la Sicilia e il sogno di cambiare vita. È giovane Esham e quando è approdato a Messina, dopo sei giorni di viaggio con un tozzo di pane e un po' di acqua ogni 24 ore, non credeva ai suoi occhi. «Metà del tragitto l'ho trascorso svenuto perché la stanchezza era tanta e il cibo scarseggiava», racconta Hesham. Lo fa con il sorriso e concedendosi di tanto in tanto qualche battuta. Parla bene l'italiano e non accenna a lacrime o sofferenza. «Perché nonostante non siano bei ricordi, io sono quel che sono anche grazie a queste esperienze», ripete più di una volta. Cresciuto senza padre, deceduto quando Hesham aveva solo tre anni. La madre si è rifatta una vita sposando un altro uomo. Ha vissuto infanzia e adolescenza con la nonna e la sorella. Poi ha deciso di cambiare qualcosa. Non si ritrovava nell'essere costretto a optare tra la malavita e la povertà: le uniche strade che gli offriva il quartiere in cui è cresciuto. Convinto che «siamo noi a dover fare il mondo e non il contrario». Così si è messo alla ricerca di una terza via. Approdato a Messina nel 2014, dopo un periodo nel Cas, il Centro di accoglienza straordinaria, viene trasferito ad Acireale, al consorzio il Nodo, dove trascorre quattro anni e il sogno comincia a diventare realtà: dall'accompagnamento alla crescita dentro e fuori la comunità fino all'esercizio della professione di cuoco. Adesso ha deciso di rimanere a collaborare. «Non si libereranno più di me», ironizza Esham. Che è uno dei care leavers aiutato dagli operatori del consorzio. Ovvero coloro i quali al compimento della maggiore età, vivono fuori dalla famiglia di origine.

Il progetto Barrio21

Oggi è uno dei mediatori che supporta il progetto Barrio21: la destinazione ai care leavers di due appartamenti ancora da ristrutturare all'interno di un immobile nel quartiere di Barriera dove ragazze e ragazzi neomaggiorenni, provenienti da situazioni fragili saranno accompagnati verso l’autonomia. Ovvero i giovani tra i 18 e i 21 anni che hanno necessità di un accompagnamento formativo e assistenziale propedeutico all'inserimento nel mondo del lavoro e all'autonomia. Per un progetto che sembra voler costruire una comunità all'esterno della comunità. Barrio (quartiere in spagnolo, nda) e 21, come l’età in cui i giovani adulti – italiani e stranieri – devono concludere l'esperienza nei sistemi di accoglienza per cominciare a camminare con le proprie gambe, spesso senza avere gli strumenti per farlo. Barrio21 sarà questo: uno strumento, oltre che una casa. Un progetto utile ma anche un messaggio che arriva da molte realtà del terzo settore: «Rioccupiamoci di sociale e facciamolo bene». È, in sintesi, il tenore di quanto discusso oggi all'evento di presentazione tenutosi a Palazzo della cultura. Una visione etica della società che mira ad abituare il cittadino all'accettazione della povertà nella propria idea di socialità. Visione che sembra unire il consorzio Il nodo e la fondazione Illimity dell'omonimo gruppo bancario fondato dall'ex ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, amministratore delegato di Illimity bank spa, che ha messo a disposizione dell'accoglienza l'immobile di via Guglielmino, a pochi metri da via Del Bosco. Inizialmente in stato di deterioramento, adesso in fase di ristrutturazione: i lavori dovrebbero concludersi entro aprile ed a maggio si dovrebbe concretizzare il trasferimento delle prime otto persone all'interno dei due appartamenti.

L'evento di presentazione

«Le banche hanno un ingente patrimonio immobiliare - spiega Elena Perriello di Illimity -, spesso però gli immobili restano sfitti e abbandonati. Così, sebbene non siamo così grandi da poter elargire chissà quali somme, abbiamo pensato di mettere i nostri a disposizione della collettività e di iniziative a impatto sociale - prosegue -. Perché una banca può fin dall'inizio fare qualcosa per i propri azionisti e qualcosa per la società». È anche questo il senso dell'incontro moderato da Roberto Bonifazi, esperto del terzo settore, manager e progettista in ambito sociale in Illimity. «Stiamo vicini ai ragazzi creando cose utili al loro sviluppo sociale», è l'obiettivo per Elena Tribulato del consorzio Il Nodo. Ma le difficoltà derivano dalla frammentarietà delle norme regionali, nazionali ed europee. «Diverse azioni delle risorse per progetti stranieri minori, italiani, per i neet» spiega Tribulato. Tematiche queste a cui corrispondono gli enti che le governano. «I diversi enti pubblici e privati con cui ci interfacciamo a livello nazionale tra ministeri e consulte - prosegue -, in Europa da un lato c'è una grande semplificazione e dall'altro altra burocrazia con la richiesta di registrarci a livello europeo». Ma la difficoltà principale, secondo Tribulato, sta nelle condizioni lavorative degli educatori. Ovvero di quelle figure che si occupano dell'accompagnamento formativo e dell'inserimento lavorativo dei care givers. «L'educatore dei servizi assistenziali e residenziali per i minori è una sorta di eroe, lavora quaranta ore per essere pagato per trenta», è la posizione della progettista sociale. «Bisogna investire sugli educatori - conclude - perché un uomo cresce solo se è tutto il villaggio a educarlo», dice Tribulato richiamando un detto africano.

Altro aspetto è il complicato rapporto con gli enti istituzionali: dalla Regione ai Comuni fino ai distretti socio-sanitari. A sottolinearlo è la dirigente regionale alle politiche sociali Maria Letizia Di Liberti. «Tra le criticità c'è il ruolo dei distretti sociosanitari, perché le risorse passano da lì, vengono trasferiti lì - attacca la dirigente -, se noi non riceviamo i progetti come possiamo farli partire». In un'organizzazione viziata, a dire di Di Liberti, da «una gestione farraginosa delle risorse economiche: perché un Comune capofila con problemi di bilancio non potrà mai trasferire risorse». Il secondo problema è il personale. «C'è una carenza di personale strutturato e una carenza di interesse», sostiene la dirigente. «Dei 55 distretti, nel 2018 solo Palermo e Messina hanno aderito, nel 2019 solo Palermo, nel 2020 Catania che ha rinunziato, nel 2021 Catania e Ragusa. Nel 2022 e nel 2023 non abbiamo ancora la versione di alcuni distretti». In presenza di queste criticità per gli addetti ai lavori sembrerebbe difficile implementare e sorreggere un sistema regionale di accompagnamento che sia produttivo.

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