Il Pezzo Etneo

Giovanni Magni, quel caso scoppiato che non scoppia più
Gabriele patti,  06 Marzo 2023

Catania è la città in cui si riesce a parlare per settimane di costruzioni Lego e per una frazione di secondo o, addirittura mai, di questioni un filo più complesse. Si riesce a fare mille post sugli alberi abbattuti, sul barbiere che espone un cartello senza autorizzazione, sulla sabbia che a causa del forte vento inonda viale Kennedy. Poi c'è il principe del foro Giuseppe Lipera, tra i fondatori di Sicilia Libera, uno dei partiti indipendentisti voluti da Totò Riina, che ha già ufficializzato la sua candidatura a sindaco di Catania. Viene invitato e perfino pagato per un caffè davanti a una telecamera. E c'è pure il figlio di un boss, già collaboratore all'Ars, che si vuole candidare in Consiglio comunale. E non è un segreto: la città pullula di suoi manifesti. Ma nessuno dice niente. Se si parla di Lego, però, tutti felici. Con tutto che l'entusiasmo per il fatto che il Liotru diventi una costruzione ha coinvolto anche chi, come chi scrive, non vede l'ora di aprire quella scatola e cominciare a costruire l'elefante. Ma per il momento ci si scusa se preoccupa di più il futuro assetto del Consiglio comunale. Sembra assurdo che mentre in Italia si discute del caso Cospito, del 41 bis e di ergastolo ostativo, sull'isola dei balocchi non si batta ciglio se il figlio di un mafioso si candida al consiglio. E questo vale anche se lo stesso Magni abbia già più volte precisato di non aver mai conosciuto il padre. Nulla contro Magni che è assolutamente legittimato a candidarsi, semmai contro il bipolarismo di una città che cinque anni prima monta il caso e cinque anni dopo dimentica tutto. Perché Magni ha detto di non conoscere il padre. E tanto basta.

Maglioncino blu sulle spalle, occhiali da vista e tutta l'aria da bravo ragazzo. Viene ritratto così il pupillo del presidente dell'Ars Gaetano Galvagno negli innumerevoli manifesti sparsi per la città che promuovono la sua candidatura al senato cittadino con Fratelli d'Italia. «Credere nella comunità» è lo slogan di Giovanni Magni, il trentenne figlio del boss mafioso, ora al 41 bis Angelo Magni e della presidente del Consiglio comunale di Valverde Anna Maravigna. Della quale, peraltro, si vociferava di una candidatura a sindaco, ma pare che non trovi l'intero sostegno del partito. Il figlio, invece, adesso è alla seconda prova per conquistare la poltrona da consigliere. Da Gravina, passando per Sant'Agata Li Battiati, fino a Catania: nelle piazze, nelle pensiline degli autobus, nelle grandi arterie viarie compare un solo nome a caratteri cubitali: è quello di Giovanni Magni.

Il figlioccio di Galvagno, già presidente dell'associazione universitaria We Love Unict, ci aveva provato cinque anni fa quando montava la polemica sulla parentela con il boss. Dopo cinque anni ci riprova e l'incarico da collaboratore all'Ars a servizio del neopresidente del parlamento siciliano può essergli di aiuto. Incarico per il quale il giovane Magni guadagna già circa duemila euro lordi. Nel 2018, quando di anni ne aveva 25, si era proposto a Palazzo degli Elefanti ma la sua corsa è stata interrotta da quello che, sebbene per pochi giorni, divenne un caso. Impresentabile per Dna titolava la Sicilia in un'intervista al giovane che è rimasto senza padre nel 1993 quando lui aveva poco meno di un anno e Magni senior veniva arrestato per una serie di reati legati alla criminalità organizzata di stampo mafioso.

Era l'11 maggio 2018, lo stesso giorno sono stati pubblicati altri articoli dalle testate più disparate. Tutti in difesa del giovane politico provetto. Catania, Amministrative. La dignità di Magni. Freedom24. "Avere un cognome non significa avere un padre"… lo strano caso di Giovanni Magni. Gazzetta Rossazzurra. La politica e la macchina del fango - Il caso Giovanni Magni in Fratelli d'Italia. QtSicilia Magazine. Il peso di Giovanni Magni per quel padre (mai conosciuto). UltimaTv. A distanza di cinque anni e nonostante la città sia tappezzata di suoi manifesti, stavolta non scoppia nessun caso Magni. «È già scoppiato cinque anni fa, basta no?», è il ritornello. Nessuno dice niente. Nessuno parla. Nessuno ricorda che è il figlio di Angelo Magni. Nessuno. Ma finalmente il Liotru è diventato a misura di bambino. Forse aveva ragione QtSicilia quando l'11 maggio di cinque anni fa concludeva il suo articolo scrivendo: «Chi ha più filo da tessere tessa, quindi, con onestà e lealtà. E chi ha orecchi per intendere, intenda. Ma soprattutto sentirà il popolo sovrano». Lo stesso popolo che andrà a votare senza sapere chi sta votando.

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